NEL POZZO


Editoriale del 7 febbraio 2015

La caccia a un vorace topo maculato terminò nel cortile meridionale, davanti a un vecchio pozzo di arenaria dove la bestiaccia si tuffò senza esitazioni. Istintivamente mi affacciai dentro e scoprii una scaletta che scendeva verso il fondo. Dopo un minuto d’incertezza, guidato dalla curiosità, entrai nel pozzo. La scala mi portò in una camera sotterranea di pianta circolare, su cui si affacciavano gli ingressi a una dozzina di gallerie buie. In Archivio è sempre bene essere prudenti, ma quella volta non lo fui: mi infilai in una galleria a caso scortato dalla mia piccola “torcia portachiavi”. Dopo una ventina di metri, sfociai in un’altra camera che esplorai aiutato dalla flebile luce della torcia semiscarica: ancora un ambiente circolare circondato da ingressi. Decisi di tornare indietro. Con sgomento, mi accorsi di non capire da quale galleria ero arrivato. E cominciò un incubo: mi ero perso. Solo dopo innumerevoli gallerie e camere, con la pila della torcia esausta, finalmente mi ritrovai nella camera in fondo al pozzo: ero salvo.
Dopo quell’esperienza, notai che in Archivio qualcosa era cambiato: le memorie, i diari, le donazioni degli ultimi cento anni non erano più le stesse che ricordavo. Era come se a partire dal 1910 la storia dell’Archivio e dell’Accademia Perduta avessero avuto un altro corso. Nel tentativo di dare una qualche spiegazione dell’accaduto tornai nel dedalo sotterraneo, e ne uscii in una realtà ancora diversa: dal 1790 in poi l’Archivio aveva una nuova storia.
Da allora è passato un anno e, sperando di ritrovare il vecchio Archivio, sono entrato e uscito dal pozzo numerose volte, scoprendomi ogni volta in un nuovo Archivio modificato.
Sono ancora prigioniero del labirinto.

Carlo M.G.Pettinau
(Archivista dell’Oblio)

COGLI L’ATTIMO

 

da La storia siamo noi L’Italia di Alfredino Rampi e il caso di Vermicino

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