Diciamo la verità, abbandonata la cena stavo bello imbenzinato, e ho pensato che proprio in quel momento l’inverno si spaccasse come un melograno, lasciando a ridere tutte le promesse della stagione buona, le canicole feroci nelle città desolate e il mare, il mare intorno come una biblioteca infinita. È una noia partire in primavera, quando la luce cambia colore al tempo e gli uomini in silenzio partecipano al rito ancestrale del futuro. Così ho preso le strade della mia periferia nell’ora dei gatti e dei cercatori di stracci. Non ero solo, passo dopo passo dopo passo una teoria di volti e luoghi e cose, l’interminabile sinfonia della memoria. Mi siete apparsi tutti: fratelli, sorelle, donne amici maestri e maestre e nemici e perfino quel signore che mi aiutò a pulire la ferita quando a 12 anni persi mezzo chilo di carne sull’asfalto cadendo dallo skate, là, due strade più in là. E poi mia madre e tutte le madri e la solitudine del loro amore. Non potevo considerarmi se non come essere collettivo. Tutti a ballarmi dentro in un baccanale, una festa, passo dopo passo dopo passo. E ho riso e ho pianto. Se la realtà fosse sempre così potente, così allucinata, altro che guerre, sarebbero gli angeli nel Monello di Chaplin. Ma abbiamo bisogno del dramma come gli uccelli del cielo, mandare tutto a ramengo è cosa naturale. I chilometri mi hanno infine lavato la sbornia. E tutto si è fatto più crudo e metallico, pure le nuvolaglie lassù. Ma torno, torno. Senza ritorno non esistono storie, senza storie non esiste nemmeno il cronista. Anche in questo gioioso merdaio globale: nostos, amici miei, nostos.
Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)
COGLI L’ATTIMO
da Il monello (The Kid 1921) scritto, prodotto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin