Ora che Guido Ceronetti non c’è più, siamo più poveri e meno liberi. Perché è venuto a mancare quello di cui oggi abbiamo maggior bisogno: un punto di vista spregiudicato, indipendente, colto e poetico. Forse è dalla morte di Pasolini che i liberi pensatori non si sentivano così orfani. Ceronetti era innanzitutto il demiurgo del teatro di marionette, da lui costruite e animate, che affascinò Fellini, Montale e Bunuel. Scrisse il memorabile “Viaggio in Italia”, percorrendo la penisola a piedi e in treno, raccontandola con uno sguardo inedito e ferocemente antituristico. Ha finto di tradurre la Bibbia (in sintonia specialmente con l’Ecclesiaste e Giobbe) e i poeti latini per riscriverli e reinterpretarli a modo suo (soprattutto Catullo e Orazio). Apocalittico e per niente integrato, politicamente e ideologicamente inclassificabile, ha corteggiato il pensiero negativo più disperato fino a esagerare nell’enfatizzare il pus fisico e l’abisso metafisico in libri nerissimi come “Il silenzio del corpo” e “La vita apparente”, indigesti al lettore postprandiale. Lucido e stralunato, rivoluzionario e reazionario, candido e corrosivo. A prenderlo alla lettera, ora dovrebbe essere contento di essere morto, come Leopardi e il suo amico Cioran. Per questo lo salutiamo con le parole che scrisse in “La pazienza dell’arrostito”: “Si salveranno i non concepiti, i morti che non rinascono. Come le leggi biologiche, il male è immodificabile. Si lascia sottomettere ma soltanto da chi, in un modo o nell’altro, serva ai suoi fini – che sono il male e niente altro. Il male penetra e non è penetrato. Conosce e non è conosciuto. Genera e…se sia generato o ingenerato non c’è risposta. Ha inviati e occhi dappertutto.’Il mondo si va unificando’…Sì, ma nel male e in vista del male. In un mondo dove il male è la regola e il bene l’eccezione (e un’eccezione alla fine perdente, quantunque per la sua superiore essenza imperibile) la salvezza concreta, lo scampo dagli unghioni, piglia la forma della distruzione affrettata: il fine del male si configura invece come durata impazzita, come rinvio della distruzione alle cause dette naturali. Nello stesso tempo il male è chiaramente alla guida della locomotiva suicida, confondendo qualsiasi giudizio. In quale modo il mondo può essere salvato se non ne sia fatto sparire fin l’ultimo uomo?”. Colpito da una grave broncopolmonite, Ceronetti è morto a 91 anni. Ha chiesto come ultime volontà tre giorni di veglia, il funerale nella chiesa di San Michele Arcangelo a Cetona (dove viveva) e la sepoltura a Andezeno (dove era nato). La scelta delle esequie religiose ha stupito alcuni ingenui che lo hanno venerato come maestro di nichilismo, di cui è facile diventare discepoli, incapaci però di seguirlo sulla vie contraddittorie e feconde della libertà di pensiero. Poco popolate di questi tempi. Quasi deserte ora che Guido Ceronetti non c’è più.
Fabio Canessa
Preside del Liceo Olistico Quijote
Ora che Guido Ceronetti non c’è più, siamo più poveri e meno liberi.(da ORA CHE GUIDO CERONETTI NON C’E’ PIU’, editoriale di Fabio Canessa)