POLLICE VERSO


Editoriale del 9 luglio 2018

Di questi mondiali m’incanta soprattutto la reattività degli spettatori sulle tribune davanti alla propria figura proiettata sullo schermo. Cioè: lo sguardo della regia, mosso da sublime frenesia, vola fra le famigliole in gita transoceanica e le flebo di birra degli energumeni discinti, scorre sulle curve delle ninfette nazionali, si poggia sul sogno negli occhi del pupetto. Le immagini garantite alla platea globale sono le stesse che si manifestano nel maxischermo interno al colosseo. E appena il popolo viene inquadrato, che si stia ravanando le narici o appisolando nell’arsura, scatta come molla in un’interpretazione d’entusiasmo. Ma come fanno? Semplice, hanno un occhio sugli atleti e l’altro sulla possibilità d’essere ripresi. Costantemente. Cioè: nonostante tutta la strada percorsa per esserci, ci sono a metà. Ontologicamente. Questi sono i tempi e lo sappiamo, i risultati del grazioso genocidio dell’altro, inteso come altro da sé, come misterioso spettacolo del reale. Farsa, non tragedia. Quanto civili erano i romani che attentissimi gozzovigliavano sul trionfo o le budella del guerriero, o anche solo Graziano Mesina travestito all’Amsicora per contemplare Rombo di tuono e la sua grazia silenziosa.

Editoriale di Luca Foschi (Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

Le immagini garantite alla platea globale sono le stesse che si manifestano nel maxischermo interno al colosseo. E appena il popolo viene inquadrato, che si stia ravanando le narici o appisolando nell’arsura, scatta come molla in un’interpretazione d’entusiasmo.” Da POLLICE VERSO editoriale di Luca Foschi

 

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