I libri è meglio acquistarli o leggerli in biblioteca o al computer? La domanda sorge spontanea (come hanno scritto nel compito di maturità molti poveri di spirito ai quali ho provveduto a far abbassare il voto) dal momento che Amazon ha lanciato Kindle Unlimited, un servizio che prevede, a 10 dollari al mese, l’accesso illimitato a una libreria digitale di oltre 600 mila titoli. Premesso che la notizia è da festeggiare, perché la tecnologia ci offre un’opportunità straordinaria che sarebbe da tonti non sfruttare, rimango convinto che il possesso dei libri è fondamentale. Ho letto molti libri che non possiedo e possiedo molti libri che non ho letto: i primi si rarefanno nel ricordo e, quando vorrei citarli o studiarli (mi è capitato di recente con “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”), mi irrito perché non li ho ed esito a comprare un testo già letto; i secondi invece stanno lì a casa mia, vedo le copertine, spesso li prendo in mano, li sfoglio qua e là e il giorno che mi decido a leggerli, scopro con soddisfazione che li conosco come se li avessi già letti. Li possiedo, in tutti i sensi. Gli altri li ho letti, ma non li possiedo, in tutti i sensi. Per cui, paradossalmente, preferisco comprare i libri e non leggerli, che leggere i libri e non comprarli. Rimasi scandalizzato quando vidi il film “Analisi finale”, nel quale il docente universitario di psicanalisi Richard Gere, dovendo consultare l’opera di Freud, corre in biblioteca. Come, pensai, ce l’ho io a casa e non ce l’ha lui che insegna Freud all’Università? Colpa di sceneggiatori maldestri o nei campus americani chi insegna letteratura italiana deve andare a leggersi Dante in biblioteca? Ma l’episodio che mi ha segnato risale al 1987, quando frequentavo a Pisa la facoltà di lettere: Francesco Orlando, compianto docente di teoria della letteratura, stava spiegando in una memorabile lezione la differenza tra letteratura volontaria (scritta per essere pubblicata e indirizzata a un pubblico) e involontaria (ad esempio “Il diario di Anna Frank”). Si alza una studentessa e dice: “È vero, il mio prof del liceo lo diceva sempre: quanti tra quelli che hanno comprato ‘Il nome della rosa’ l’avranno letto davvero?”. Orlando reagì con un misto di sconcerto e imbarazzo, io invece rimasi incantato dalla stronzata dadaista di quella povera donna. Affascinato da quel sublime intervento a cazzo, la avvicinai, dopo la lezione, per parlarle: una mentecatta del genere non capita mica tutti i giorni, non volevo farmela sfuggire. Le chiesi se avesse letto il romanzo di Eco. Mi rispose di no, ma se lo sarebbe fatto prestare, perché lei i libri non li comprava. Meravigliosa creatura: non possedendo i libri, dimostrava di non possedere nulla. Neppure il più vago senso della logica.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
Sentimiento nuevo dall’album La voce del padrone (1981) scritta e interpretata da Franco Battiato