Capiterà ogni tanto anche a voi di scoprirvi profondamente ignoranti. Facevo già fatica a raccapezzarmi tra le innumerevoli ideologie e ossessioni alimentari, dai crudisti ai respiriani al quarto livello, dall’ortoressia alla vigoressia, quando leggendo il menù di un modesto ristorante spagnolo mi sono reso conto di essere stato sempre all’oscuro dell’esistenza dei “flexitariani”. Ho scoperto infatti che la voce esiste da tempo nel vocabolario Treccani, che nel 2003 l’American Dialect Society l’ha votato come il termine più utile (proprio così: utile) al mondo e che esistono libri su libri di ricette flexitariane. Si definiscono flexitariani tutti i vegetariani che occasionalmente mangiano carne, pur consapevoli del danno che stanno recando a sé stessi, agli animali. al pianeta. Proprio come me e come, suppongo, la maggior parte di voi. Fino a ieri pensavo di essere un banale onnivoro, con licenza di scegliere tra costine d’agnello o ravanelli crudi, a seconda dell’umore. Invece, chi l’avrebbe detto, sono flexitariano da sempre e nessuno mi aveva avvertito. Se non fossero così indigeste proverei a inserire le pietre (almeno quelle più levigate) nella mia dieta per due giorni alla settimana, aspettando che qualcuno mi includa in una nuova categoria dello spirito, o che quantomeno mi informi della sua esistenza.
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)
Fino a ieri pensavo di essere un banale onnivoro, con licenza di scegliere tra costine d’agnello o ravanelli crudi a seconda dell’umore. Invece, chi l’avrebbe detto, sono flexitariano da sempre e nessuno mi aveva avvertito (da QUANTO È STRANO ESSERE NORMALI, editoriale di Marco Schintu)