“La vita fugge e non s’arresta un’ora, e la morte vien dietro a gran giornate”, scriveva Francesco Petrarca, che del trascorrere del tempo se ne intendeva. Il tema è di gran moda, se lo struggente rapporto tra passato e presente impone le sue suggestioni da qualunque parte si guardi in questo 2017: nelle classifiche dei libri figura ai primi posti “L’ordine del tempo”, un sofisticato saggio Adelphi del fisico Carlo Rovelli che vende come un best seller, mentre il neurochirurgo Arnaldo Benini ha appena pubblicato per Cortina il sorprendente “Neurobiologia del tempo”; provoca un vertiginoso straniamento ritrovare al cinema, dopo 35 anni, Harrison Ford nel sequel di “Blade runner”, uscito quando frequentavo il liceo e ascoltavo “Hard promises” del grande Tom Petty, leader di una rock band che si chiamava Heartbreakers e proprio di un attacco di cuore morto in questi giorni. “E’ il presente o è il passato?” si chiedono perplessi i personaggi di “Twin Peaks il ritorno”, la geniale serie di David Lynch incentrata proprio sul tempo, sui 25 anni trascorsi dalla prima, quando ci chiedevamo chi ha ucciso Laura Palmer. Oggi l’agente Cooper torna nella Twin Peaks di adesso e si chiede smarrito in che anno siamo, dopo aver tentato invano, novello Orfeo, di riportare dagli inferi Laura-Euridice, attraverso un corto circuito spazio-temporale da brividi. Com’è da brividi l’urlo finale del doppio di Laura, cui segue un blackout fulminante, paurosa epifania che rivela il credo della poetica di Lynch: passato e presente possono congiungersi solo nel tripudio dello spettacolo, nella stregoneria del cinema, nella magica finzione dell’arte (soprattutto nell’era, diceva Walter Benjamin, della sua riproducibilità tecnica). Tom Petty è morto, ma nel suo disco suona ancora. David Bowie è morto, ma recita nel nuovo Twin Peaks. Harrison Ford è invecchiato, ma può tornare a recitare il “corridore di lame” Deckard tra gli ologrammi di Elvis e Sinatra, che sono morti ma cantano ancora, pur distorti dai glitch. Francesco Petrarca è il più morto di tutti, ma il suo sonetto riecheggia immortale, come il sonetto 19 di Shakespeare sul Tempo divoratore: “a dispetto del tuo oltraggio/ nei miei versi l’amor mio vivrà giovane in eterno”.
Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)
Com’è da brividi l’urlo finale del doppio di Laura, cui segue un blackout fulminante, paurosa epifania che rivela il credo della poetica di Lynch: passato e presente possono congiungersi solo nel tripudio dello spettacolo, nella stregoneria del cinema, nella magica finzione dell’arte (da RITORNO AL PASSATO, editoriale di Fabio Canessa)