Sarà stata la stanchezza ai discorsi ossessivi di allontanamento e di odio, che ci tengono tanto a farci ascoltare? Di fatto, mi ha attirato l’attenzione un’opera della tradizione induista, «Gitagovinda [Canto del pastore]», scritta nel XII secolo dal poeta e mistico bengalese Jayadeva, composta da 24 canti destinati non ad essere letti, ma appunto cantati. La rassomiglianza con il «Cantico dei Cantici» è impressionante per forma e contenuto. La storia del desiderio (viraha) di amore tra Rhada (una gopi o pastorella) e Govinda (un pastore, ma incarnazione del dio principale Krishna) è il racconto della lunga ricerca di profonda intimità con il divino, del sentirsi mancare senza l’altro, dell’anima che cerca e trova la sua casa.
Con una importante differenza, mi pare, rispetto ai testi biblici: l’infedeltà, quando c’è, non è da parte della ragazza, ma del dio. Alla fine, con parole che richiamano, ma per inversione, la preghiera dell’innamorato biblico («mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore»), il dio-pastore ordina (o invoca?) alla ragazza un gesto di seduzione vittoriosa su di lui:
«Poni come ornamento sul mio capo il bocciolo sublime
del tuo piede, che annulla il veleno d’amore».
Lo stesso poeta ebbe paura della sua immagine ardita di un dio infedele che trova nell’amore umano il fondamento della sua fedeltà, e voleva cancellare o variare il suo verso. Ma, narra la leggenda, il dio scese a scrivere lui stesso il verso azzardato, e manifestò il suo gradimento pranzando con il poeta e la sua donna.
«Ho tanto desiderato mangiare questa pasqua con voi»,
hai detto, Signore, ai tuoi che da tre anni seguivano il tuo sogno,
e pure sapevi chi tra essi avrebbe tradito e rinnegato.
Questo tuo «tanto» desiderio di mangiare pasqua con noi, Signore,
è la mia fede e la mia speranza di ogni azzimo e vino trasformati.
E il resto non è più miracolo e mistero di sostanza e di apparenze.
Antonio Pinna
Salmista ad Aristan
La rassomiglianza con il «Cantico dei Cantici» è impressionante per forma e contenuto(da SALMO 102 Viraha, desiderio e struggimento, editoriale di Antonio Pinna)
il Cantico dei Cantici di Deborah e Noodles
da C’era una volta in America (1984) diretto da Sergio Leone, con Robert De Niro