«Lacrime, vane lacrime ed arcane / dal sen d’una divina disperanza, / sorgano in cuor s’accolgano negli occhi / vedendo i lieti campi d’autunno, / pensando ai giorni che non sono più».
Nel 1856 il pittore Everett Millais commentava questa poesia di Alfred Tennyson con il quadro “Foglie d’autunno”, rappresentandovi quasi un rito di «divina disperanza».
Questo autunno assolato e assetato prolunga il tempo dei ricordi e le cronache non arrivano a rafforzare speranze. È vero: nello sparire dei giorni, contempliamo più tramonti che aurore, e come «I soldati» di Ungaretti «Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie». Anche l’antico saggio Gesù Ben Sira era abbagliato dal pensiero della fine: «Come foglie verdi su un albero frondoso, /alcune cadono e altre germogliano, /così sono le generazioni umane: / una muore e un’altra nasce. Ogni opera corruttibile scompare / e chi la compie se ne andrà con essa» (Libro del Siracide 14,18-19).
Eppure, ogni mattina, ed è l’alba,
a dire in tua memoria «questo è il mio corpo offerto…»,
«questo è il mio sangue versato…»,
mi chiedo perché, al momento della soglia,
hai visto il tuo corpo in quell’ultimo pane spartito,
il tuo sangue in quell’ultimo vino passato.
La tua vita, il tuo “passaggio”, a segreto delle nostre stagioni,
segreto di seme che muore a moltiplicare le messi,
segreto di vite potata a germogliare vendemmie.
E già ti vedevi gustare vino nuovo nel regno (Marco 14,22-25).
Antonio Pinna
Salmista ad Aristan
Questo autunno assolato e assetato prolunga il tempo dei ricordi e le cronache non arrivano a rafforzare speranze (da SALMO 110 FOGLIE D’AUTUNNO, editoriale di Antonio Pinna)
Juliette Greco – Les Feuilles Mortes