Non è lontano il tempo in cui, anche nella nostra società, un figlio o una figlia “diversa”, anche solo perché “persona down”, veniva in qualche modo segregata, tenuta lontana da relazioni sociali normali. Peggiorando, ovvio, ogni situazione. Tra le celebrazioni anniversarie di quest’anno, non vedo eccellere riflessioni e bilanci sui quaranta anni dalla “Legge Basaglia” (13 maggio 1978). In queste discussioni non è raro, oggi come ieri, sentire che “i matti” è meglio tenerli “controllati” da qualche parte.
«Gli ultimi degli ultimi, nei villaggi del Benin, hanno le catene alle caviglie, a volte al collo, i ceppi attorno alle gambe. Le famiglie li nascondono nelle capanne dietro casa, si vergognano dei loro parenti matti. […] E c’è un uomo, africano come loro, che da 25 anni fa della loro liberazione – dalla malattia, dalla prigionia, dalla vergogna – una missione. Si chiama Grégoire Ahongbonon, ha 66 anni, una borsa piena di cesoie e attrezzi per recidere vincoli e tagliare tronchi…» (La Lettura, domenica 22 aprile, p. 54).
Grégoire Ahongbonon, ex gommista, è in Italia dal 4 al 21 maggio a parlare di catene spezzate. Letteralmente.
Le immagini “crude” non ci piacciono.
Preferiamo cuocerle al fuoco dei simboli,
per nasconderci dietro fumi di parole.
Erano simboliche o letterali,
le catene dell’antico salmista?
«Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene…
A te canterò davanti al tuo popolo» (Sal 116,16).
Ma hanno cantato e cantano libertà,
i tuoi ‘servi”, lungo i secoli, Signore?
Antonio Pinna
Salmista ad Aristan
https://youtu.be/zT-_kuD68II
Tra le celebrazioni anniversarie di quest’anno, non vedo eccellere riflessioni e bilanci sui quaranta anni dalla “Legge Basaglia” (13 maggio 1978). In queste discussioni non è raro, oggi come ieri, sentire che “i matti” è meglio tenerli “controllati” da qualche parte. (da Salmo 135 IL MIO CANTO LIBERO. PER GLI ULTIMI DEGLI ULTIMI, editoriale di Antonio Pinna)