Salmo 138 PARA CHE?


Editoriale del 19 maggio 2018

Nella ultima versione cattolica della Bibbia per la liturgia, i vescovi hanno preferito sostituirsi ai traduttori, e hanno deciso di non tradurre, ma solo traslitterare il termine che Gesù nei vangeli usa per parlare dello Spirito Santo: «Paràclito», sempre scritto così, con l’accento. Un tempo traducevano “Consolatore”: troppo dolce, forse? In greco voleva dire “avvocato”, anche se non era diventato un termine tecnico come il latino “advocatus”, uno chiamato a fianco per difenderti: troppo amaro, allora? Sembra il destino dello “Spirito di Dio” quello di essere dimenticato, perfino nel nome.

Sembra anche il destino del linguaggio sognato dagli uomini religiosi,

che vogliono sempre assicurarsi di dire tutto,

anche se non comunicano niente.

I tuoi antichi oranti, Signore,

non sembra avessero questi problemi.

Ti pregavano senza problemi con il nome delle cose:

 

Vieni, padre dei poveri,

vieni, datore dei doni,

vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,

ospite dolce dell’anima,

dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo.

Nella calura riparo,

nel pianto conforto.

 

Antonio Pinna
Salmista ad Aristan

vogliono sempre assicurarsi di dire tutto, anche se non comunicano niente (da Salmo 138 PARA CHE?, editoriale di Antonio Pinna)

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