Salmo 162 A BRACCIO


Editoriale del 10 novembre 2018

Non importa niente a nessuno, ma mi dichiaro, a me stesso, obiettore di coscienza su misure, pesi e graduatorie: mentre si discute di punti acquisiti su un fascistometro nazionale fresco di stampa, mentre la 26a Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure si accinge a revisionare il sistema internazionale dei pesi e delle misure. Imparare a vivere vuol dire anche imparare a misurare: un cucchiaino o un cucchiaio, per guarire o morire; una carezza o un pugno, per odiare o amare. Riconosco, nel piccolo, l’utilità dei sensori in retromarcia. Mi rifiuto però di passare dal misurare al controllare: non nel senso di monitorare i ponti perché non cadano, ma nel senso salvifico, laico o religioso, di tenere “tutto sotto controllo” a pensarsi “il salvatore”. Prendere il proprio numerino, fare graduatorie, è inevitabile e opportuno, ma concepire tutta la vita come una “graduatoria” o un grande “concorso”, no. È tentazione delle istituzioni.

Perché la “misura” può nasconde un “potere”, come la yarda inglese corrispondeva, vero o falso qui poco importa, alla lunghezza del braccio del re. Riconosco i meriti dei “grandi” o dei “santi subito”, stranamente più uomini che donne, perché “grandi uomini” si dice “in genere”, ma inteso appunto come misura. Ci deve essere però un’altra misura più universale, un altro “braccio”: a tener un «conto a bastare» per chi ha vissuto senza contare; a evitare che la famosa “livella” riduca l’umanità a un illusorio e presuntuoso formicaio di privilegiati, su propria ed esclusiva misura.

E mentre nel “Credo” di tutti,
dico anche io che tu verrai a giudicare,
sogno, Signore, che sarà un abbraccio,
a ogni fratello, a ogni sorella,
senza misura di parole.

Antonio Pinna
Salmista ad Aristan

a evitare che la famosa “livella” riduca l’umanità a un illusorio e presuntuoso formicaio di privilegiati, su propria ed esclusiva misura (da Salmo 162 A BRACCIO, editoriale di Antonio Pinna)

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