SALMO 178 CIOÈ, QUINDI, ANCHE


Editoriale del 2 marzo 2019

«“Ama il prossimo tuo”, cioè quello in tua prossimità», sembra abbia detto un ministro a conferma del “buon cristianesimo” della conseguenza che ne faceva derivare: «Quindi, prima di tutto cerchiamo di far star bene le nostre comunità». È stato accusato di voler riscrivere il vangelo. Antica abitudine di credenti, inclusi gli atei, quella di aggiudicarsi il possesso della verità di un testo citato a proprio favore.

Prendo solo spunto dal fatto che nel rimbrotto un po’ altezzoso che il ministro si è guadagnato («Ma come si permette questa persona di citare il vangelo in modo improprio?») non si fa precisa attenzione alla differenza tra le due particelle che articolano il pur breve intervento del ministro: «cioè… quindi». “Cioè” introduce una tautologia (prossimo = chi è in tua prossimità: come parlare subito di lettura impropria?); “quindi” introduce una conclusione.

Lascio ai contendenti della verità se a essere improprio non sia il “quindi” più del “cioè”, e aggiungo invece un’altra particella, che è “anche”.

Per tre motivi. Il primo è che quando Gesù stesso si è trovato a fare le scelte fondamentali della sua vita, i vangeli ce lo presentano come di fronte a una tentazione, quella di tener conto solo di una “frase di verità”, messa per questo in bocca al satana-tentatore: «Buttati perché sta scritto…». Prima che sul contenuto, la risposta di Gesù è sul metodo: «Sta scritto anche…». La “verità” sta dunque in una citazione isolata da un’altra? O non sta piuttosto nel soggetto, che la intravede nel confronto fra testi che possono sembrare “anche” contrari?

Il secondo: nella Bibbia, chi vuole può trovare tutto e il contrario di tutto. La Bibbia è la testimonianza di un “work in progress”, di un’opera nel suo farsi, di una parola che ha accompagnato il cammino faticoso e tortuoso dei credenti, da quando univano (e uniscono) l’amore del prossimo con l’odio dei nemici, fino a quando sono stati (e sono) invitati ad amare anche i nemici, e a benedire anche chi maledice. E l’invito veniva (e viene) da uno che, prima di dire, ha fatto: «Amatevi come io vi ho amati». La Bibbia non è la storia dei “santi subito”, degli arrivati in partenza, ma di un Dio che ha camminato e cammina a fianco di chi cammina verso, e a volte torna anche indietro, e poi riprende di nuovo, verso…

Il terzo motivo: quell’ «anche» di metodo, prima che di contenuto, mi sembra un buon vaccino (in tempo di no-vax) contro ogni specie di totalitarismo “anche” nel bene: perché pensare che tutti devono fare la stessa cosa? C’è chi fa una cosa e chi ne fa un’altra, c’è che si fa prossimo dei prossimi, cioè di chi è «in tua prossimità», e c’è chi si fa prossimo dei non prossimi, cioè di chi non era, ma arriva «in tua prossimità». Ci sono stati santi cristiani con la vocazione A, e santi cristiani con la vocazione B.

Solo che, in una città, un buon ministro è buono quando è buono, cristiano o no: cioè, quando è ministro, come dicono, di “tutti i cittadini”. Cioè, quindi, anche.

Ma sentire certe cose, Signore: perché?

 

Antonio Pinna

Salmista di Aristan

 

in una città, un buon ministro è buono quando è buono, cristiano o no: cioè, quando è ministro, come dicono, di “tutti i cittadini” (da SALMO 178 CIOÈ, QUINDI, ANCHE – Editoriale di Antonio Pinna)

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