«Non essere troppo giusto… Non essere troppo malvagio…
È cosa buona che tu ti tenga forte
in questo, ma anche da quello
non mollare la tua mano.
Perché chi rispetta Dio ne esce bene in tutte e due.
La sapienza di un saggio è più forte di dieci capi di governo.
Perché non esiste uomo giusto sulla terra che faccia una cosa buona senza farne una cattiva».
È il rovescio dell’eterna tentazione dei credenti:
essere simili al loro Dio, tutto santo, tutto giusto, “tutto-tutto”.
Eppure, il Libro di ogni Genesi del senso, ci aveva detto che la stessa e identica nudità
era segno della massima com-unione (erano nudi e non provavano vergogna)
ma insieme anche della massima dis-unione (sono nudo e mi sono nascosto):
siamo disco a due facce, lato A e lato B.
Ma la sapienza che ci rende simili a Dio è diventarne consapevoli:
«Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male».
“Tenere insieme” bene e male:
fatica davvero sovrumana nella storia disillusa di secoli e di giorni.
Essere simili a Dio è bene massimo e finale dei credenti,
ma è anche loro e nostro male, originale e massimo,
se da credenti si sbagliano su Dio.
In mezzo a tante parole di verità
tascabili a dividere sempre tutto in due, e poi scartare,
torna tu, senza parole, Signore, e come nel sogno dei racconti antichi
avvicinati alle nostre nudità di amore e di violenza:
più che tuniche di pelli, hai ora per vestirci quella tunica,
“tutta d’un pezzo”, tirata a sorte un giorno per non essere divisa,
di un figlio tuo e nostro,
nudo per violenza e per amore,
in croce.
Antonio Pinna
(salmista di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
da un’intervista a Tiziano Terzani