Chissà perché, ai credenti piace credere che il mondo è stato, sempre e dovunque, uguale al loro, di qui e di adesso. Essi, il centro del mondo.
Per esempio, tanto per stare nell’attualità: i funerali. La tradizione era che si svolgevano nel “luogo di vita” del defunto, cioè “la casa”, e solo per il prete si svolgevano in chiesa, che, appunto, veniva pensata come il suo “luogo di vita”. Ed evidentemente, i funerali, dalla casa al cimitero, non prevedevano la messa. Senza discutere ora degli eventuali progressi della storia, a saperlo, magari, si poteva stare un po’ più tranquilli, senza subito gridare a libertà di culto, e senza nemmeno pretendere quelle condizioni, che una volta “conquistate”, cominciano a rivelare, esse sì, un culto violato … A saperlo, parlo almeno per me, non si potrebbe morire un po’ più “in santa pace”, come in certi tempi del passato, ancora normali e senza pandemie pseudoliturgiche?
E mi ricordo che già un profeta, sguardo al futuro,
imparava dal passato:
«Mi avete forse presentato sacrifici
e offerte nel deserto
per quarant’anni, o Israeliti?». (Amos)
E un altro profeta sognava di nuovo il deserto
per riscoprire l’amore:
«Perciò, ecco, io la sedurrò,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore…» (Osea)
Antonio Pinna
(Salmista ad Aristan)
A saperlo, parlo almeno per me, non si potrebbe morire un po’ più “in santa pace”, come in certi tempi del passato … (da Salmo 239 A SAPERLO … UN DESERTO – Editoriale di Antonio Pinna)