SALMO 268 C’È DIAVOLO E DIAVOLO, CHE DIAVOLO!


Editoriale del 21 novembre 2020

di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)
Agli onori, o ai disonori, della cronaca, sono ancora una volta salite, o scese, le dichiarazioni di una radio che, nonostante il nome di Maria di cui si fregia, trasmette a lunghezza di giornata unicamente le idee del suo direttore. Soltanto il card. Martini, a suo tempo, era riuscito a far inserire nel suo palinsesto delle parentesi culturali e spirituali che evitassero di essere divisive in tutti i sensi, e non solo del mondo cattolico. In toni ancora più “apocalittici” del solito (ma il Libro dell’Apocalisse era per consolare i perseguitati e non per spaventare gli innocenti), questa volta ha ripetuto che l’attuale pandemia è un complotto orchestrato dal diavolo per «fiaccare l’umanità, metterla in ginocchio, instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica». Purtroppo, non è ben specificato in che cosa possa consistere questa dittatura sanitaria e cibernetica, ma se ha ragione lui lo sapremo entro il prossimo anno, il 2021, quando, «diventati tutti degli zombie», saremo sudditi a pieno titolo del «regno di Satana», opposto al «regno di Maria».
Nell’attesa degli eventi s-profetizzati dell’anno venturo, due cose mi sembrano almeno curiose, ed è l’aggettivo che ritengo non solo il più gentile nei riguardi del “pensiero” unico suddetto, ma anche il più aderente alle mie reazioni, almeno a quelle che posso esternare in questo contesto della “augusta” e “stra-vagante” Università di Aristan, che rilascia titolo di laurea in «Teoria e tecniche di salvezza dell’umanità», e per questo ha tenuto e tiene mini-corsi di «Prevenzione dell’idiozia esagerata» (giacché un pizzico di idiozia consapevole aiuta a sopravvivere a quella travestita ma inconsapevole dei superintelligenti).
Trovo curioso, anzitutto, che questo microfono supercredente parli di “regno di satana” e “regno di Maria”, e sembra del tutto dimentico che proprio in questa domenica 22 novembre la chiesa di cui lui fa rumorosa parte celebra la festa di «Cristo Re dell’Universo», una festa cioè a ricordare che l’ultima parola è una parola di risurrezione da tutti i complotti reali di morte, senza bisogno di ricorrere a complotti immaginari, che hanno bisogno ovviamente di vittorie immaginarie. Se lui si contenta, che goda pure, ma in questo caso c’è l’aggravante dell’atto pubblico.
La seconda curiosità che trovo intrigante è che nella cultura della terra in cui sono nato, la Sardegna, si tramanda una visione popolare del diavolo molto più cristiana di quella a cui sembra sottomettersi, nel suo monocorde e insistito vociare, il suddetto microfono. Nella cultura sarda, il diavolo è fondamentalmente una figura ridicola, cioè perdente per natura sua. La prima voce relativa al diavolo dell’indice analitico di una notevole “Antologia delle tradizioni popolari in Sardegna” recita in modo significativo «il diavolo e gli scherzi». E credo che uno studio approfondito potrebbe dimostrare come in questa “riduzione” della figura diabolica sia evidente un’antica ed efficace “evangelizzazione della cultura”. A confermare l’ipotesi, basterebbe ricordare i molti nomi, o meglio soprannomi, con cui il diavolo viene nominato senza nemmeno nominarlo. Per fare solo un esempio: chi darebbe credito a un personaggio chiamato “Coitedda” (Coda piccolina?): un soprannome popolare che la dice lunga anche sulla indipendenza della gente sarda da certi discorsi ecclesiastici usati ieri e oggi, soprattutto da alcuni, per spaventare la gente e chissà come indurla a fare il bene, almeno per paura.
Termino con la tradizione di un paese in cui per il diavolo si usa(va) il soprannome di S’Ora Mala (lett. “l’ora cattiva”, nel senso di “cattivo destino”). Una donna deforme e malvagia era solita bussare a mezzogiorno nelle case chiedendo: “Bella seu?” (Lett. Bella sono? Non sono forse bella?). Se con il tema della “bellezza” inizia la “vanagloria” con cui nei racconti tradizionali sugli angeli inizia la rivolta diabolica, non meno significativa appare l’ “ora” del mezzogiorno: con la domanda ridicola e falsa sulla propria “bellezza” si “distrae” la famiglia dal fatto vitale del mangiare, evocandone la morte. La gente rispondeva nel modo che S’Ora Mala si aspettava, evitando così di essere bruciata dal fuoco dei suoi occhi. Ciò che conta, però, è che la tradizione riporta anche quello che la gente non rispondeva, ma che evidentemente era il vero significato della risposta, per antífrasi, cioè per quella caratteristica della lingua sarda per cui il senso inteso è quello contrario a quello espresso. «Ses bella cumenti unu frori» (Sei bella come un fiore), era dunque la risposta che la tradizione esorta a ripetere, ricordando però la risposta da evitare e quindi il senso vero della frase laudativa: «Ses bella cumenti su culu de su molenti» (Sei bella come il culo dell’asino).
Non conoscendo l’antifrasi, S’Ora Mala se ne andava contenta, ma appunto “in ora mala” («bae in ora mala» è una delle imprecazioni più frequenti), e la gente tornava tranquilla all’ora gioiosa del pranzo di mezzogiorno. Di nuovo, chi si contenta(va), gode(va). E almeno per quel diavolo bastava, senza continuare a rompere a tutte le ore.

E mi ricordo che perfino nella tua storia, Signore,
il diavolo, finite le tentazioni dopo il battesimo,
se n’era andato per tornare solo alla sua ora (Luca 4,13).
Un po’ di tregua anche per noi, Signore?

Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

“Una donna deforme e malvagia era solita bussare a mezzogiorno nelle case chiedendo: «Bella seu?»”
Da Salmo 268 C’È DIAVOLO E DIAVOLO, CHE DIAVOLO! – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

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