Sarà tra poco tradotto in Italia «La grande livella. La violenza e la storia dell’ineguaglianza, dall’età della pietra al XXI secolo». L’autore vi mostra come soltanto episodi violenti, guerre rivoluzioni epidemie e fallimenti di stati, hanno diminuito, e solo per un certo tempo, le distanze tra chi sta bene e chi sta male. Le politiche democratiche si rivelano ininfluenti: «L’unica alternativa possibile sarebbe un’economia pianificata. Ma l’abbiamo già vista all’opera e non ha funzionato». Di più, il meccanismo profondo, sociale o psicologico, che perpetua le differenze sembra proprio quello di considerare le diseguaglianze come il prezzo da pagare per vivere in pace.
Allora, Natale auguri di pace? Come e per chi? Il Prologo del Vangelo di Giovanni risale oltre l’età della pietra: «In principio…». E se «tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto», se «tutto ciò che esiste era vita in lui», perché venuto fra le sue creature vi trova la morte, e non per pensione? Domanda indicibile e ora non detta, ma per poter andare avanti lo stesso Prologo ci viene incontro (cambia di isotopia) a dirci che la vita era anche «la luce degli uomini»: così, con la luce arrivano le nostre giornate fatte di contrari ai quali sappiamo di sopravvivere, perché «la luce splende nelle tenebre», e se le tenebre non accolgono la luce, nemmeno la vincono.
Luce e tenebra è la nostra giornata,
e ne splende ogni alba a risorgere.
«Viviamo insieme il dramma, Signore» (Turoldo).
Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)
“Con la luce arrivano le nostre giornate fatte di contrari ai quali sappiamo di sopravvivere, perché «la luce splende nelle tenebre», e se le tenebre non accolgono la luce, nemmeno la vincono.”
Da Salmo 273 NATALE. SI DISPENSA DAGLI AUGURI – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)