«Non essere troppo giusto… Non essere troppo malvagio…
È cosa buona che tu ti tenga forte in questo,
ma anche da quello non mollare la tua mano.
Perché chi rispetta Dio ne esce bene in tutte e due.
La sapienza di un saggio è più forte di dieci capi di governo.
Perché non esiste uomo giusto sulla terra
che faccia una cosa buona senza farne una cattiva». (Qoèlet 7,16-20)
È il rovescio dell’eterna tentazione dei credenti:
essere simili al loro Dio, tutto santo, tutto giusto, “tutto-tutto”.
Eppure, il Libro di ogni Genesi del senso ci aveva detto che la stessa e identica nudità
era segno della massima com-unione (erano nudi e non provavano vergogna)
ma insieme anche della massima dis-unione (sono nudo e mi sono nascosto):
siamo disco a due facce, lato A e lato B.
Ma la sapienza che ci rende simili a Dio è diventarne consapevoli:
«Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi
quanto alla conoscenza del bene e del male». (Gen 3,22)
“Tenere insieme” bene e male:
fatica sovrumana nella storia disillusa di secoli e di giorni.
Essere simili a Dio è bene massimo e finale dei credenti,
ma è anche loro e nostro male, originale e massimo,
se da credenti si sbagliano su Dio.
In mezzo a tante parole di verità tascabili
a dividere sempre tutto in due, e poi scartare,
torna tu, senza parole, Signore,
e come nel sogno dei racconti antichi
avvicinati alle nostre nudità di amore e di violenza:
più che tuniche di pelli, hai ora per vestirci quella tunica,
“tutta d’un pezzo”, tirata a sorte un giorno per non essere divisa,
di un figlio tuo e nostro,
nudo per violenza e per amore,
in un presepio e in croce.
Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)
“…nudo per violenza e per amore, in un presepio e in croce.”
Da Salmo 323 LATO A E LATO B – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)