Salmo 57 … DI NOME WELELA … NON CI RESTA CHE L’INUTILE


Editoriale del 29 ottobre 2016

La-zattera-della-medusa

C’era poco tempo fa una ragazza eritrea che fuggiva da guerra e oppressione, aveva passato il deserto ed era giunta in Libia, dove era stata stipata ad attendere, in uno stanzino, con altre compagne e un paio di bombole di gas, e queste un giorno, esplodendo, la lasciarono con gravi ustioni su tutto il corpo. I trafficanti se ne liberarono caricandola sul primo barcone in partenza, ma la ragazza fu “salvata” già morta e fu “accolta” nella tomba di famiglia di una donna a Lampedusa, sorella o figlia senza nome.

C’era poco tempo dopo un fratello eritreo che andava in giro a Lampedusa e continuava a ripetere dappertutto la stessa domanda: Welela, Welela mia sorella, avete visto? “Veder chiaro”, sembra voglia dire quel nome in lingua loro, e qualcuno si ricordò di quel nome e di quel corpo di silenzio nel viaggio.
Così, infine, è successo che, come in cerimonia di battesimo o rinascita, un gruppo di volontari è tornato a Lampedusa e con il fratello e i nuovi familiari ha aggiunto alla data il nome Welela sulla tomba.

Ogni volta che son passato al Memoriale della Shoah,
son rimasto a lungo fermo di fronte al nome «Yad vaShem»,
secondo le parole del profeta Isaia:
Agli esclusi, stranieri e sterili, …
«io concederò nella mia casa e dentro le mie mura
mano (yad) e nome (washem)
più prezioso di figli e figlie;
darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato» (Is 56,4-5).

Un posto e un nome, alla fine, per includere.
Non ci resta, sorella, che l’inutile
ad amarti.

Antonio Pinna
(salmista di Aristan)


Un posto e un nome, alla fine, per includere
(da Salmo 57 … DI NOME WELELA … NON CI RESTA CHE L’INUTILE edtoriale di Antonio Pinna)
da Lo straniero senza nome (1973) diretto e interpretato da Clint Eastwood

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