«Là dunque, a motivo della Preparazione dei Giudei e poiché il sepolcro era vicino, deposero Gesù.» (Gv 19,42).
Quel giorno era una vigilia. Non ha più importanza sapere se era la vigilia che alla sera del venerdì iniziava il sabato, anche giorno di Pasqua quell’anno, come dice il vangelo di Giovanni, o solo la vigilia del sabato ma già giorno di Pasqua, come sembrano dire i vangeli di Matteo, Marco e Luca. Difficile, per la storia, armonizzare le due cronologie. In ogni caso, quel giorno era una vigilia. Perché il tempo è diviso in due: un giorno prima e un giorno dopo.
Giorno prima, giorno degli abbandoni.
Anche di Dio: «Mio Dio, Mio Dio, perché mi hai abbandonato?».
Cielo e terra sono separati, il giorno prima.
Si tocca il fondo, in questo giorno.
Ed è fondo e abisso il nostro giorno.
«Dal profondo a te grido, Signore.»
«E Gesù, dando un forte grido, spirò.
E il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso.» (Mc 15,37-38)
Era un grido forte. Doveva essere forte.
Doveva essere il grido di tutte le croci, di tutti gli abissi.
E doveva essere udito a tutti gli orizzonti, a tutte le altezze.
Fino all’Altissimo, doveva giungere.
E nel tempio a quel grido un velo è squarciato.
Nessun velo più a separare
la stanza di Dio e la stanza dell’uomo.
Quel grido, figlio d’Uomo e di Dio, le unisce.
Ed è giorno dopo
nelle nostre vigilie.
Antonio Pinna
(salmista di Aristan)
da The scream un’animazione di Sebastian Cosor