Se mai dovessi avere un figlio lo chiamerò chiedendogli scusa “Astrolabio“ perché cammini seguendo le stelle e sappia afferrare le sue.
Ci sono come è noto due note vie per non perdersi che pare conducano allo stesso luogo: la fede e la filosofia. Entrambe guardano in alto e ignorano cosa sia la polvere. Ma chi non ha fede accantona il sapere convincendosi che l’affare sia vivere alla giornata e che “siamo animali evoluti” sia l’espressione massima della nostra ragione. Astrolabio è il fantastico nome che nell’anno 1116 Abelardo ed Eloisa diedero al loro bambino affinché trovasse la strada che loro pensavano (pensavano) di avere smarrito perdendosi (trovandosi) nell’amore. Ignoro che fine abbia fatto questo figlio di unione vietata ma mi piace l’idea che tra madre badessa straziata d’amore e padre abate eunuco di vergogna abbia compreso che il suo destino era nel suo nome e non nelle chiacchiere delle beghine. Sono qui a Parigi a cercare l’abbazia di Saint Geneviève che diede come frutto questa famiglia tagliata in tre per convenzioni religiose. E’ sparita nel nulla tra il Pantheon e la chiesa Saint-Etienne du Mont ma ci lascia in eredità il cammino tra le stelle. Quello segnato da Abelardo che è vero astrolabio di suo figlio Astrolabio quando gli dice di imparare finché non crederà di aver appreso ogni cosa; di essere fermo come il sole e di lasciare agli stolti i tentennamenti dell’instabile luna; di parlare non con discorsi ornati ma con chiarezza perché è costume di chi non ha progetto moltiplicare le strade o sfinirsi in tentativi. Disse anche di insegnare tardi e non precipitarsi a scrivere. Di stare zitto se non sa. Cerco fede e filosofia partendo dall’unica cosa che è il nostro astrolabio: frammenti di storia come questo che come sciami di stelle indichino il nostro cammino.
Virginia Saba
(Autostoppista ad Aristan)
COGLI L’ATTIMO
l’invenzione dell’astrolabio