SET


Editoriale del 16 aprile 2013

Durante la gita scolastica a Roma, visite consuete a Musei Vaticani e Capitolini, Colosseo e Fori. Ma il grido entusiasta di una studentessa si leva in un punto anonimo del Lungotevere: “E’ qui che hanno girato una scena di ‘Uomini e donne istruzioni per l’uso’!” Film tra l’altro modestissimo. Eppure riconoscere sul grande schermo una via sulla quale noi stessi passeggiamo non solo conferisce al film un attraente effetto sorpresa, ma sprigiona dentro di noi un’inspiegabile felicità e contribuisce a farci meditare sulla natura più profonda dell’arte cinematografica. La distanza tra la nostra esistenza reale e le fantasticherie di cui ci nutriamo si accorcia all’improvviso. E al tempo stesso diventa incolmabile, presentandoci quei luoghi familiari in una dimensione straniante, rendendoli set di un sogno del quale siamo solo spettatori, ma che di solito ci è negato nell’esperienza. Da qui deriva la passione di molti per quel trekking intellettuale che si chiama archeologia del set. Che consiste nel piacere di andare a visitare di persona i luoghi in cui è stato ambientato un film che ci ha particolarmente impressionato. Questa bigamia del paesaggio, insieme partecipe della realtà e della finzione, è, per il cinefilo raffinato (e anche un po’ sanamente malato), uno dei più potenti elementi di fascinazione dello spettacolo del cinema. E’ la parte in comune dei due insiemi, di solito incomunicabili, della vita e dell’arte. Ricordo che al Liceo il professore di matematica ci disse che la parte comune di due insiemi si chiama lunula. Un bellissimo nome.

Fabio Canessa
(preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan)

COGLI L’ATTIMO

 

da La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo 1985) diretto da Woody Allen ed interpretato, fra gli altri, da Mia Farrow e Jeff Daniels

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