NON SI PUÒ CHE PERDERE E IL CAPODANNO CI UCCIDE TRE VOLTE


Editoriale del 4 gennaio 2016

Non mi ero mai reso conto di quanto “E.T l’Extraterrestre” fosse un film politico. L’ho intercettato la notte del 31 Dicembre, una delle tante proiezioni sulle quali puntellare la nostalgia per il tempo che trascorre. Non vedevo la pellicola da un quarto di secolo. Erano gli anni ’80 e l’Italia popolare s’imbastardiva nell’inseguimento della luccicante democrazia catodica. Con gli altri mascalzoni attraversavo il paese in sella a una BMX e mi perdevo nel mistero esotico della campagna. Avevamo i calzoni corti ed eravamo perfetti e irripetibili come gli alberi, i grilli a giugno o il sole lontano. Poi tutto è andato perduto. La città, gli studi, i viaggi, il mestiere, la guerra. L’anno scorso festeggiavo con i profughi iracheni, fra le povere luci della loro commovente dignità. Mi ha spezzato il cuore capire che quella del piccolo Eliot e della sua banda è un’insurrezione dei bambini contro il potere barbaro e insipiente degli adulti, sentire che la simbiosi con il buffo E.T è capacità di diventare l’Altro, il cosmo tutto, il bene originale che natura e storia pervertono nel giudizio e nella volontà di prevaricazione. Le biciclette in volo sono il simbolo della rivoluzione gentile, del sogno come strumento conoscitivo. Così l’addio è per sempre, quello di Eliot ed E.T, quello a se stessi di tutti i bambini tralignati in uomini, anche i pochi che dopo mezzanotte scendono per strada con i calzoni corti, stranieri alle gioie del tempo che avanza, alla conquista, al mito imbecille dell’esperienza.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

COGLI L’ATTIMO

 

da E.T. l’extra-terrestre (1982) diretto da Steven Spielberg

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