Mentre il mio amico Roberto mi spiegava partendo da Aristotele le argomentazioni sul “carattere”, se siamo fregati da principio o c’è uno spazio, e in che misura, per il mutamento, ho pensato che un giorno mi sveglierò per ritrovarmi davanti ai titoli di coda de L’Ultimo imperatore, in un afoso cinema all’aperto degli anni ’80. Allora per fortuna non camminavo fra gli stupidi labirinti del linguaggio. Ero capace di crollare esausto là dove la gloria millenaria della città proibita collassava travolta dal ‘900, e il sangue stillava dai polsi del giovane imperatore in un lavandino comunista. Avevo ben altro da fare. Con gli occhi chiusi ascoltavo sott’acqua la musica che la risacca estrae dalle pietruzze sulla riva. Mi ritiravo nelle canicole infuocate fra le giostre deserte ad annusare il profumo del ferro arroventato. A notte giocavo a nascondino nel continente immenso delle case popolari. Ricordo il mio rifugio preferito, la luna alta e la voce di mia nonna dal balcone. Ero un bambino dalle spalle strette e questo col tempo mi avrebbe portato a reagire. Non è un vanto, concordo con Roberto sulle schiaccianti evidenze del determinismo. Siamo fregati, ribellarsi a se stessi è un lavoro immane e spesso tutto va in pappa. Pensate alla Cina. Poco dopo i titoli di coda incontrai per caso il mio amichetto Riccardo. Anche lui era tramortito, zuppo nella maglietta a righine. Nei bui pomeriggi d’inverno viaggiavamo sulle navicelle spaziali, preparavamo biscotti e ci sfiancavamo nella caccia al tesoro domestica. Chissà come se la passa, anche lui, in questo lungo sonno.
Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)
ho pensato che un giorno mi sveglierò per ritrovarmi davanti ai titoli di coda de L’Ultimo imperatore (da TITOLI DI CODA, editoriale di Luca Foschi)