L’acqua è democratica. Con il mare che sfila sotto i piedi, al confine estremo di una barca, questo principio non teme smentita. Nel turchese innaturale di una baia moltiplicata sui social al grido di #nofilter si muovono braccia e pensieri in traiettorie trasparenti. L’acqua cancella la barca, il costume e la pancia e ogni trucco si azzera nell’azzurro. A metà strada tra ombrelloni e orizzonte il galleggiamento è garantito a chiunque non vi si opponga: fiorai, maestre, martiri e rapinatori di banche. Niente graduatorie, la meritocrazia una menzogna. L’acqua è un diritto universale dell’uomo. E invece no. La democrazia dell’acqua è una conquista moderna. Lo racconta in Swell Jenny Landreth. A leggerlo su una barca di donne, nuotate epiche, tuffi in mutande al risveglio, c’è da non crederci. In Inghilterra le donne non galleggiavano fino a un secolo fa. Dei loro annegamenti erano pieni i giornali. Niente accesso ai lidi. Potevano solo essere sirene, a giustificare le debolezze dei marinai. Mentre le aristocratiche si immergevano al riparo di tendaggi e schermi, le operaie, libere dal dovere della femminilità, nuotavano e basta. Animali da circo, si esibivano per la folla- in voluminosi vestiti e cappelli –in gare di fumo sott’acqua. E affogavano, pagando per noi il prezzo del galleggiamento. Fare il morto oggi non può che essere un atto di quotidiana rivoluzione sociale.
Eva Garau (Precaria di Aristan)
Mentre le aristocratiche si immergevano al riparo di tendaggi e schermi, le operaie, libere dal dovere della femminilità, nuotavano e basta. Animali da circo, si esibivano per la folla- in voluminosi vestiti e cappelli –in gare di fumo sott’acqua. (da TRAIETTORIE TRASPARENTI, editoriale di Eva Garau)