UOMO IN FUGA


Editoriale del 26 febbraio 2021

Quando succede qualcosa vaga, di cui non si conoscono le motivazioni e le possibili conseguenze, ogni popolo reagisce in maniera differente.
Questione di abitudini, differenze secolari tra nord e sud, di rapporto sfiduciato con la giustizia, di come viene vissuto il senso del pericolo, e la mancanza di senso che contiene il non immediatamente spiegabile.
Un milanese, se vede uno correre, si mette subito ad inseguirlo, specie se è un extra comunitario o lo sembra. Per questo motivo nel nord gli extra comunitari non si mettono mai a correre, neanche se scoppia un temporale, se rischiano di perdere il tram, per paura di venire inseguiti da qualche leghista.
Un romano, se vede qualcuno scappare preoccupato, magari a zig zag, si gode la scena, contento di essere capitato al momento giusto nel posto giusto, e, specie se è con amici, gli scappa un ammirativo “anvedi come core sto matto” o un pessimistico “Ma ndò voi annà!”. I romani non si lasciano perdere l’occasione per battute salaci. Dopo vanno in cerca di qualcuno a cui raccontare l’episodio arricchendolo di particolari. A Roma non importa che un fatto sia vero o veridico, ma che venga raccontato bene.
Un napoletano, quando vede uno che scappa da qualche parte si mette a gridare per chiamare soccorsi. Se sono una ventina ad assistere gridano tutte insieme. Lo fanno per aiutare chi sta scappando.
Un calabrese cerca di fermare gli eventuali inseguitori (c’è sempre uno zelante che non si fa gli affari suoi, o è di passaggio) con velate minacce che fanno sparire il fiatone atletico e lo sostituiscono con uno esistenziale.
Un siciliano, anche se chi scappa travolge bancarelle, passanti, e ammacca macchine in sosta, rimane dove si trova e non si muove punto. Perché non ha visto e non ha sentito niente. Ovviamente se qualcuno glielo chiede. Ma nessuno perde tempo a farlo.
Un trentino se vede qualcuno scappare con espressione impaurita si gira per vedere se e da quale parte c’è il pericolo di una valanga.
Un genovese prende il telefonino e fa un numero verde. Se trova occupato fa un altro numero verde. Se anche quello è occupato, spegne il cellulare per non scaricare la batteria.
E il sardo? Il sardo è molto diverso da tutti gli altri, che pure sono molto diversi tra loro. Perché è isolano, ma a differenza dei siciliani, lui è un isolano per sempre, senza prospettive di un ponte che lo unisca un giorno al continente.
Quando vede uno correre da qualche parte si mette a scappare anche lui. Istintivamente, senza chiedersi dove stanno andando, da cosa stanno fuggendo e se stanno fuggendo. Nel periodo d’oro dei sequestri, non era raro vedere un gruppo di sardi, che nel frattempo si era formato, correre tutti insieme dietro a uno. Che magari voleva fare in tempo a prendere il bus.
Va da sé che in Sardegna, se qualcuno si accoda a un vero fuggitivo, quello non pensa mai di essere inseguito, a meno che chi gli sta alle calcagna non sia armato o stia seduto in una macchina con una scritta, dotata di sirena.
Il fenomeno sardo presenta a sua volta delle differenze a seconda delle province. Il sardo del nuorese addirittura non scappa mai, specie se c’è gente che lo sta guardando, ne va della sua balentìa.
Quando l’evento si verifica, ma sono casi rari, il barbaricino non solo si dà alla fuga, ma si dà alla macchia. Con macchia ma senza paura.

Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)

“Quando vede uno correre da qualche parte si mette a scappare anche lui. Istintivamente, senza chiedersi dove stanno andando, da cosa stanno fuggendo e se stanno fuggendo.”
Da UOMO IN FUGA – Editoriale di Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)

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