Ho visto Blade Runner 2049 e non me ne sono pentito. Villeneuve si è riscattato dopo quella agghiacciante patacca di Arrival, ma in fin dei conti non ha fatto altro che stendere la pasta di Philip K. Dick e Ridley Scott. La riflessione sull’umano resta immutata nell’essenziale, replicanti composti di imperfette modulazioni umane e quindi umani, e umani svuotati dal solipsismo più feroce. Breve sovrastruttura edipico-politica, il sé è una ricerca e sfocia nell’eroismo, nel martirio per la causa collettiva della minoranza. Qualche vuoto fronzolo narrativo e una fotografia da infarto. Mi son persino dimenticato la sventola che avevo accanto. Un pezzo del Guardian ha raccolto alcuni giudizi che accusano la pellicola d’essere sessista. Non ci avevo fatto caso (forse invero un po’ mi son distratto) ma potrebbe essere. Ma che rottura di cabasisi, però, questa imposta articolazione d’equilibrismo-politico-di genere. Hollywood sarà pure in mano agli ebrei dalla verga in fiamme, ma mi chiedo perché i giudizi abbiano lasciato butterato e sereno Weinstein, il maialone infoiato solo oggi sotto i riflettori della vergogna. È di questi giorni il leak secondo cui la Angelina Jolie trattava con Luis Moreno Ocampo, procuratore capo della Corte Penale Internazionale, per fare da esca e permettere la cattura dell’ignobile Joseph Koni, capo miliziano ugandese colpevole di qualsiasi cosa, a partire da sbudellamenti, stupri di massa e schiavitù minorile. E appassionato di belle forme hollywoodiane. Che coraggio formidabile. Poteva usarlo anche con quel maialone schifoso di Weinstein? No, nella società dello spettacolo la democrazia va prima di tutto esportata.
Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)
Ma che rottura di cabasisi, però (da VIETATO DISTRARSI CON BLADE RUNNER 2049, editoriale di Luca Foschi)