L’evoluzione è così faticosa in termini energetici e temporali che la Natura non butta via mai niente. Il nostro cervello è il risultato finale di almeno tre “abusi” ancora non condonati. Abbiamo edificato, senza licenze, sopra una stamberga, praticamente un sottano, utilizzato dai rettili che dominavano la terra sino alla fine dell’era Paleozoica, circa 200 milioni di anni fa. Era un luogo profondo, senza luce, pesante poche centinaia di grammi e ancora governato da schemi genetici istintivi: ricerca del cibo, dell’accoppiamento e una minima difesa della specie. Il secondo cervello, quello dei mammiferi antichi, è un monolocale al piano terra, capace comunque di avere un’interazione con l’ambiente più complessa e articolata su multipli livelli anche comunicanti tra loro. Possiede delle finestrelle e dei corridoi ed è un cervello programmato per provare piacere (e dolore), per esplorare, con un certo minimo coraggio, il mondo circostante e di colonizzarlo. Il terzo cervello, più esterno, è come un primo piano, tre locali, con piccoli balconcini, ed è quello dei mammiferi moderni sino alle scimmie antropomorfe, che compare alla fine del Pleistocene cioè circa 1 milione di anni or sono. Si tratta di un cervello dotato già nei primati di eccellenti abilità, in grado di socializzare, elaborare emotività e di esternarla adeguatamente con espressioni del viso o del corpo, eppure ancora non abile di parlare. In effetti, le mirabilie e i guai della specie umana sembrano essere iniziati quando abbiamo cominciato a proferire le prime parole e abbiamo costruito, sempre abusivamente perché senza alcuna consapevolezza, l’attico con terrazzo che sarebbe diventato il rumoroso palcoscenico della nostra vita.
Luca Pani
(Psiconauta ad Aristan)
COGLI L’ATTIMO
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