Mi ha fatto molta paura vedere Mark Zuckerberg ricevuto in Italia come un capo di Stato. E mi ha fatto molta paura che qualche tempo dopo il suo Facebook abbia censurato l’immagine simbolo dell’orrore in Vietnam, Phan Kim Thi Phuc liquefatta dal napalm, versato dai sudisti su gentile concessione americana. Che la vagina implume di quel piccolo alieno scorticato sia il primo elemento d’innesco visivo per scimmie del web e demiurghi dell’oblio offre sulla mappa il tratto di strada compiuto verso la distopia. La reazione è stata pronta, politica, e Zuckerberg &Co hanno reinserito lo scatto Pulitzer nel frullatore, giustificando in un comunicato l’operazione con la necessità di preservare la “sicurezza della nostra comunità”. Cioè il miliardo di cannibali più o meno annichiliti nella rete. Il tutto sembrerebbe aver funzionato secondo il magnifico e progressivo corollario correttivo della democrazia. Innegabilmente a norma nevvero? Come vi pare, io continuo a vederci il maestrale, quello che dalle mie parti vi porta in Algeria sul materassino in mezzora, mentre ridete beati per la tavola piatta e tutti quei puntini gioiosi in lontananza. Perché la cosa è accaduta e non dovrebbe accadere neanche se piovessero rane per una settimana. Perché il post incriminato veniva dal primo ministro norvegese che poi s’è preso una pagina di giornale per argomentare, e non passerà tanto prima che Zuckerberg &Co vi dicano, o implicitamente maneggino, ciò che si può o non può sapere. Già lo fanno in effetti, un sottile algoritmo soggiace al vasto spazio le vaste possibilità e la vasta competizione, fondando l’affioramento dei brandelli informativi sulla base della ripetizione di ciò che già siamo, di ciò che già vogliamo. Di ciò che è presumibile noi vogliamo. Tutto per la nostra sicurezza va da sè, per il bene della comunità. E tutto è lucido e leggiadro, veloce e libero, perfino antropologico, come scrivere concioni o infamie e appenderle su un tazebao, da qualche parte ai confini dell’impero.
Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)
Mi ha fatto molta paura vedere Mark Zuckerberg ricevuto in Italia come un capo di Stato. E mi ha fatto molta paura che qualche tempo dopo il suo Facebook abbia censurato l’immagine simbolo dell’orrore in Vietnam, Phan Kim Thi Phuc liquefatta dal napalm, versato dai sudisti su gentile concessione americana.
(da CIÒ CHE È STATO È STATO – SCURDAMMOCE ‘O PASSATO, editoriale di Luca Foschi)
Fausto Cigliano e Mario Gangi eseguono Simm’e Napule Paisà