COLA PESCE


Editoriale del 24 luglio 2012

Come tutte le estati, ogni volta che, mentre nuoto, sento dalla spiaggia una mamma urlare al proprio bambino che è venuta l’ora di uscire dal mare, ripenso a Cola Pesce. Così fanatico dell’acqua e così disubbidiente ai richiami della madre che lei, stufa di insistere, gli lanciò esasperata una maledizione che legò per sempre il piccolo Nicola Pesce al mondo marino e lo trasformò in un mostro, mezzo pesce e mezzo uomo. Da allora Cola Pesce, nuotatore prodigioso, diventò il mediatore tra mare e terra: esploratore delle meraviglie del fondo marino, emerge in superficie per raccontarle agli altri uomini; eroe delle onde, avverte i marinai indicando la rotta per salvarli dalle minacce delle correnti; antenato di Pinocchio, viene usato come babau per i bambini capricciosi; protettore dei naviganti, simboleggia il “pesce” sacro di ispirazione cristiana; buffo fino al grottesco, dà origine a barzellette e aneddoti spassosi. Nato da una leggenda medievale siciliana, poi diffusasi da Napoli alla Spagna, citato perfino nel Don Chisciotte di Cervantes, studiato da Benedetto Croce, Cola Pesce avrà molteplici versioni, da Pontano a Lope De Vega fino a Calvino, Bufalino e La Capria. Secondo il racconto originario, sarebbe morto per colpa di Federico II, ma le scene a cui ripensavo oggi, nuotando fra le grida delle mamme, sono quelle di un poema spagnolo del Seicento in cui Cola Pesce torna saltuariamente a riva per salutare la famiglia, pur rimanendo sempre dentro il mare, e una volta, per farlo essere presente alle nozze della sorella, viene trasportato a terra all’interno di una botte piena di acqua, che gli garantisse la sopravvivenza. Cola Pesce è l’emblema della gioia di nuotare, del piacere di guizzare nell’acqua e sentirci un po’ uomini un po’ animali, un po’ supereroi un po’ cartoni animati. Parente del superuomo dannunziano, ma anche di Gian Burrasca, riassume in sé la felicità fisica della genuina sintonia con la natura (che sembra così a portata di mano d’estate, l’unica stagione in cui i nostri corpi nudi toccano direttamente sabbia, rocce, acqua) e la voglia di gioco e spensieratezza delle vacanze al mare. Insieme al desiderio di non ascoltare le raccomandazioni delle mamme e di non tornare più a riva. Di rimanere per sempre fra i pesci e le onde, senza infilarsi mai più la camicia e i pantaloni, e tantomeno (che pena!) le mutande e i calzini.
 
Fabio Canessa
 

COGLI L’ATTIMO

 

dalla leggenda di Cola Pesce cantata da Otello Profazio

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