COSA MANGIA E COME DIGERISCE UN DITTATORE


Editoriale dell'11 dicembre 2014

Nel loro libro “Dictators’ Dinners” Victoria Clark e Melissa Scott sottopongono a scrutinio culinario i più efferati dittatori del secolo scorso. Preso atto dell’impossibilità di attribuire al consumo di questo o di quell’alimento (alcuni erano cannibali) le ragioni dei loro crimini, si nota come aumenti in tutti, col passare del tempo, la paura di morire avvelenati. Kim II-sung selezionava uno per uno i grani di riso. Ceausescu e sua moglie Elena, ogni volta che si recavano all’estero, portavano da casa le vivande: dall’ospite accettavano solo frutta fresca spremuta in loro presenza che bevevano con la cannuccia. Tutti peraltro facevano affidamento su fidati assaggiatori (il fratello di Saddam Hussein, Uday, nel 1988 ne accoltellò uno). Hitler affidava questo compito a 15 donne e mangiava solo dopo aver visto le ragazze sopravvivere per almeno 45 minuti. Era però il sistema digestivo a sopportare le conseguenze dello stress di persone così infami, da Mao Tse-tung a Stalin. Interessante, a questo proposito, il confronto tra Hitler e Gheddafi, entrambi vegetariani e affetti da flatulenza cronica. Hitler ne aveva fatto una malattia, Gheddafi se ne fregava altamente e non faceva niente per nasconderla. Nel corso della registrazione di un’intervista di 40 minuti rilasciata al giornalista John Simpson, il “leone del deserto” scorreggiò forte e chiaro innumerevoli volte. Olè.

Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)

COGLI L’ATTIMO

 

da un Larry King live, dove nel fuori onda Mu’ammar Gheddafi scorreggia allegramente e con grande senso dello spettacolo di fronte al conduttore

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