Il calcio fa girare bilioni di euro ed è seguito da miliardi di persone. Ma gli interessi e la colossale esposizione mediatica non lo rendono immune da piccoli, raccapriccianti segnali di Apocalisse. Prendiamo per esempio lo scudetto della Nazionale Italiana. Cosa ci deve raccontare questo logo? Primo, che chi lo indossa è un giocatore della Nazionale Italiana; secondo, che la nostra nazionale ha vinto quattro titoli mondiali; terzo che la Nazionale è gestita dalla FIGC, che sta per Federazione Italiana Gioco Calcio. Fine. Semplice, si dirà. E infatti sarebbe semplice: per affermare che quella è la nazionale italiana basterebbero i tre colori della nostra bandiera e, mi voglio rovinare, la scritta ‘Italia’; per segnalare le 4 vittorie ai mondiali sarebbero sufficienti 4 stellette in fila, proprio sotto la scritta; e infine l’acronimo FIGC si sarebbe potuto piazzare da qualunque parte, ma con molta discrezione. Ecco invece cosa ha partorito il grafico scelto dalla FIGC: ai tre colori della bandiera ha aggiunto un azzurro distribuito dappertutto, anche tra un colore e l’altro della bandiera (come se l’azzurro della la maglia non bastasse), e un giallo oro che ha usato sia per la scritta ‘Italia’ che per le 4 stellette. E, a proposito di stellette, ha pensato bene di non schierarle in orizzontale ma le ha distribuite creativamente qui e là: due ai lati e due – una sopra l’altra – in basso nella parte centrale, quasi invisibili in distanza su un bianco del tricolore inspiegabilmente più largo del verde e del rosso. Infine proprio al centro di tutto ecco lo spaventoso marchio della FIGC ove la scritta, anch’essa gialla, ma di una tonalità diversa, sta dentro la simulazione di un pallone stilizzato in losanghe verdi, azzurre e rosse su fondo bianco. Il risultato complessivo è un orrido pasticcio grafico e cromatico. Un esempio eclatante di kitsch internazionale. Un segnale inequivocabile che i poteri sono governati da buzzurri, come quello con la testa a cipolla che gioca con le bombe nucleari, o quell’altro pettinato come dopo un peto in faccia.
Filippo Martinez (Tragediografo di Aristan)
Il risultato complessivo è un orrido pasticcio grafico e cromatico. Un esempio eclatante di kitsch internazionale (da DETTAGLI DI APOCALISSE: LO SCUDETTO DELLA NAZIONALE ITALIANA – Dio è nei dettagli (Ludwig Mies van der Rohe) e lo è anche l’Apocalisse – Editoriale di Filippo Martinez)
Il kitsch è la menzogna nell’arte (Umberto Eco, 1976)