L’autunno scorso, nella sala che raccoglie i diari di tutti gli archivisti, ho incontrato un incredibile visitatore: un ratto bianco. Superato il primo stupore, ho cercato di catturarlo. Impossibile: era velocissimo. Quell’animale aveva un certo fascino e scartai l’ipotesi di usare trappole o veleni; non intendevo ucciderlo, ma solo renderlo inoffensivo. Per evitare che cercasse cibo tra gli scaffali, cominciai a dargli da mangiare ogni giorno. Lui gradiva, ingrassava e si abituava sempre più a me. Dopo un mese era addomesticato. Qualche volta, mentre scrivevo, saliva addirittura sul tavolo per annusare l’inchiostro del mio diario: un miscuglio di china e sangue di bue; come vuole la tradizione d’Archivio. Quell’odore sembrava inebriarlo.
Un giorno, con il ratto albino addormentato accanto a me, leggevo le memorie di un Archivista vissuto trecento anni fa. Si raccontava del più devastante “guerriero dell’Oblio”: un grande topo bianco goloso delle pagine dei diari d’Archivio. Dopo uno sguardo al mio incredibile compagno, mi precipitai nella sala dei diari, il cuore dell’Archivio. Con raccapriccio, scoprii le raccolte del 2007 e del 2008 rosicchiate, divorate, distrutte. Infuriato, animato dalle peggiori intenzioni, tornai nella sala dove dormiva il devastatore; ma lui era andato via. Da allora non lo rividi più.
Carlo M.G. Pettinau
(Archivista dell’Oblio)
COGLI L’ATTIMO
Scene di vita familiare in una colonia di topi bianchi