LA CUCINA EMOZIONALE


Editoriale del 23 novembre 2017

Si chiama “cucina emozionale” e si aggiunge alla scrittura creativa emozionale, all’intelligenza emozionale, al marketing emozionale, alla guarigione emozionale, alla musica emozionale, al fitness emozionale. Più che a soddisfare l’appetito, i piatti mirano a risvegliare emozioni e ricordi attraverso composizioni esteticamente ricercate. Il maestro indiscusso è lo chef spagnolo Joan Roca, dichiarato per l’ennesima volta poche settimane fa il miglior cuoco al mondo. Tanto per restare in Spagna i capolavori di Mugaritz, a San Sebastiàn, si chiamano “brandelli di ghiaccio”. Batuffoli di ghiaccio cotonato schizzati con poche gocce di succo di gamberetto, di cocco, di carota o di frutti di bosco. Esperienze intense e totalizzanti. Ho pianto ricordandomi della prima volta che ho sbrinato un freezer. Cresce anche il numero di coloro che uscendo da questi templi della cucina si fiondano, forse non sazi, nel primo locale che trovano nei paraggi; un posto vale l’altro, purché non si senta parlare di Proust e della sua madeleine immersa nel tè di tiglio. Appena fuori da Mugaritz sono corso, attirato dal fumo e dall’odore dell’aglio, in un’affollata taverna. Mi sono divertito un mondo, assieme a quattro raffinati ultras della Real Sociedad, la squadra di calcio locale, a vuotare una damigiana di vino che aspiravamo con un tubo di plastica. La serata è terminata a torte in faccia con una rissa collettiva. Che emozioni!

Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)

Cresce anche il numero di coloro che uscendo da questi templi della cucina si fiondano, forse non sazi, nel primo locale che trovano nei paraggi; un posto vale l’altro, purché non si senta parlare di Proust e della sua madeleine (da LA CUCINA EMOZIONALE, editoriale di Marco Schintu)

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