LE CAROTE DELLO CHEF


Editoriale del 21 agosto 2014

Non c’è al mondo chef che si rispetti, nei ristoranti più prestigiosi, che non utilizzi in cucina basilico, melanzane, carote e pomodori coltivati nel suo orto. E quindi privi di pesticidi, fertilizzanti e via discorrendo. In una parola biologici o, se preferite, “organici”. Non basta. Da qualche tempo gli chef più celebrati, tra un’apparizione televisiva e l’altra, oltre a scrivere libri di filosofia e a dipingere, zappano la terra. Proprio così, un grande chef è anche un grande contadino. Naturalmente al ristorante le carote organiche coltivate dal maestro con le sue manine le pagherete una follia. L’importante è crederci, sono di sicuro le più buone e le più sane che abbiate mai mangiato, ne valeva la pena. Mentre saldate il conto vi sorge però qualche dubbio. Le carote “inorganiche” che avete ingurgitato per decenni e che vi sono sempre sembrate eccellenti, erano di calcestruzzo impastato con DDT? E perché non siete ancora morti? Mangiare biologico è meglio, ma senza che diventi un’ossessione salutistica. Se poi dopo aver stretto la mano allo chef uscendo dal ristorante volete davvero farvi del male guardatevi allo specchio: siete sovrappeso, conducete una vita sedentaria, fumate e bevete. E non saranno certo le carote biologiche a migliorare la vostra speranza di vita. Nemmeno quelle dello chef.

Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)

COGLI L’ATTIMO

 

da Nuovomondo (2006) di Emanuele Crialese

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