Ci sono quelli che il prosciutto (che è buono perché è salato a bestia) lo mangiano dolce, i dolci li esigono poco dolci e all’acqua naturale o gassata preferiscono quella lievemente frizzante, che fa più schifo delle altre due perché ha il saporaccio svanito di una bottiglia gassata aperta da un mese. Alla stessa insopportabile famiglia di mollaccioni appartengono quanti rifiutano il genere horror e quanti usano come criterio di giudizio la verosimiglianza, chiedendo alla finzione di non essere troppo finta. Siccome non è possibile che nella realtà, secondo loro, accadano certe cose, allora non dovrebbero accadere neppure nei film. Quando è vero il contrario: se entri in un cinema, è perché lì puoi trovare quello che non trovi fuori. Da bambino, evitavo come la peste ogni film che vantava di essere “tratto da una storia vera”. Se la storia è vera, pensavo, sai che palle! Non potrà arrivare Godzilla a distruggere un palazzo con una zampata, sono esclusi fantasmi, vampiri, licantropi e compagnia brutta. Impossibile attendersi l’arrivo di un supereroe o di un alieno. Bandita ogni magia, ogni sorpresa. Già il film è una finzione e tu, spettatore, accetti per due ore di staccare la spina con la realtà per ritrovarti sullo schermo una realtà uguale a quella vera, ma finta? Se sospendi la tua vita ed entri nella fiction, che almeno il falso ti regali emozioni vere! E invece tu ti castri da solo la possibilità di provare sensazioni che il reale non ti offre per paura di emozionarti troppo? “Che pena, che nostalgia”, cantava Lucio Dalla, “non guardarti negli occhi e dirti un’altra bugia”. Se bugia dev’essere, almeno raccontala grossa. Che il Golem cammini minaccioso per i vicoli di Praga, che Jekill si trasformi in mister Hyde facendo cose pochissimo belle, che Freddy Kruger faccia bubusette con le sue unghie curatissime nei sogni dei ragazzi, che Saw escogiti qualche giochetto meno innocuo di quelli di Carlo Conti. “Quando vado al cinema, mi voglio divertire” è la giustificazione miserrima dei detrattori del piacere di provare paura. Siamo d’accordo: ma è mai possibile divertirsi ritrovando nella fiction l’esistenza quotidiana, con i problemi economici e sentimentali, i dialoghi banali, le facce comuni e le personalità meno interessanti di quanti conosciamo? Magari attraverso una dinamica prevedibile e inconcludente, come spesso è la vita? Non sono più divertenti i prodigi di Harry Potter e le metamorfosi degli X-Men? Alla finzione bisogna chiedere che funzioni, non che sia meno finzione. A un film comico bisogna chiedere che ci faccia sbellicare dalle risate, a uno tragico che ci faccia piangere come vitelli, a un horror che ci spaventi a morte e ci faccia uscire dalla sala di corsa, urlando con i capelli ritti. Insomma, il vero cinema è quello che supera o trasfigura la realtà, anziché limitarsi a rifletterla noiosamente. Altrimenti, senza pagare il biglietto, basta girare per strada.
Fabio Canessa
COGLI L’ATTIMO
da Blob – Il fluido che uccide (The Blob) è un film horror fantascientifico del 1988 diretto da Chuck Russell, remake dell’originale Blob – Fluido mortale (1958) di Irvin Yeaworth