SALMO 152 STORIA DI MARI. O DI PONTI?


Editoriale del 1 settembre 2018

Un ponte che crolla con morti e sfollati, un mare sognato a dividere, un papa accusato ad arte: niente in comune tra questi fatti. Tuttavia, la coincidenza mi ha fatto accorgere di un dato linguistico cui non avevo mai fatto caso. È noto a tutti che tanti termini italiani vengono dalla lingua greca. Almeno chi ha fatto il liceo classico si ricorda che lo stretto dei Dardanelli era detto dai greci Ellesponto. “Pontos”, da cui, attraverso il latino, il nostro termine “ponte”, in greco era “mare”, accanto ad altri termini: “thàlassa” per indicare il “mare vicino” del Mediterraneo; “pélagos”, per indicare la “distesa” del mare, “làitma” per indicarne la “profondità”. “Pontos” indicava invece il mare come “punto di passaggio” primordiale, e, come ogni cammino, «spazio di prova, spazio da varcare con fatica». Del resto, il mito che dà il nome “Ellesponto” racconta di una ragazza, Elle, che, salvata dall’essere sacrificata, cade nello stretto di mare proprio mentre lo sorvola in groppa all’ariete dal vello d’oro.
Che il papa sia chiamato ancora “sommo pontefice” viene dalla religione romana, dove il “collegio dei pontefici”, letteralmente “costruttori di ponti”, era nato anzitutto per regolare il culto pubblico, e quindi i sacrifici da offrire agli dei, affinché fosse preservato il dono della pace. Perché poi si chiamassero “costruttori di ponti” dà occasione a dotte disquisizioni, fra il teologico e il fantastico, di funzioni a unire cielo e terra, ma non sarebbe da dimenticare che le immagini delle divinità da venerare, anticamente, venivano poste sopra il ponte del “dio dei fiumi”, anch’essi luoghi di confine, di passaggio, di pericoli. Del resto, il primo ponte di Roma, il ponte Sublicio, fu restaurato dal collegio dei pontefici.

Strana storia, questa degli uomini religiosi, che per evitare i sacrifici dovuti ai pericoli della vita, se ne inventano di artificiali, e vanno in cerca sempre di nuove vittime.

«È bene che uno muoia per tutti» (Gv 11,50)
disse parlando di te, Signore,
un sommo pontefice, né primo né ultimo
nella serie dei sacrificatori, con o senza consacrazione.
Per un momento ti sei nascosto,
ma poi hai smesso di fuggire,
per mostrare in te la verità delle vittime.
A unire senza separare,
senza respingere:
«Perché nessuno si perda» (Gv 6,39).
Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

Che il papa sia chiamato ancora “sommo pontefice” viene dalla religione romana, dove il “collegio dei pontefici”, letteralmente “costruttori di ponti”

« Archivio »

  • MANIFESTO DI ARISTAN


    ANTEPRIMA
  • PROMO ARISTAN ROBERTO PEDICINI


  • INNO


  • IL TEMPO DEI TOPI DI FOGNA


  • CIAO NADIA