SULLE TRACCE DEL MILODONTE


Editoriale del 14 febbraio 2018

 

Con l’età ho sviluppato un’insolita passione per le specie estinte, che siano farfalle o dinosauri. Nei giorni scorsi ho brindato al ritrovamento nel deserto del Gobi dei resti di un oviraptosauro senza denti, forse perché morto quando ancora era un bambino, solo 66 milioni di anni fa. Ho fatto però di meglio: sono stato recentemente in Patagonia e mi sono recato in Cile nella caverna (Seno de la Ultima Esperanza) in cui alla fine dell’’800 fu trovato un frammento di pelle mummificata attribuito al milodonte, un bradipo gigante vissuto nel Pleistocene. Da quel pezzo di pelle ha anche tratto spunto Bruce Chatwin (da “In Patagonia”: …era piccolo, ma spesso e coriaceo, con ciuffi di ispidi peli rossicci…). Del milodonte però, nella caverna, nessuna traccia. Solo all’ingresso una sua ricostruzione a grandezza naturale, neanche tanto inquietante. Per il resto i visitatori fanno il giro di un campo sterrato, apparentemente pronto per la coltivazione delle patate. Occorre usare l’immaginazione o la fede: nemmeno un osso, nemmeno un dente, nemmeno un pelo subfossile, nemmeno un escremento di grossa taglia. Sarà mai esistito il milodonte? Sarò davvero suo quel brandello di pelle? Unica preoccupazione: avevo l’impressione che in mancanza d’altro i visitatori guardassero me, di gran lunga il più vecchio in quella caverna.

 

Marco Schintu

(Ufficio pesi e misure di Aristan)

 

Sono stato recentemente in Patagonia e mi sono recato in Cile nella caverna (Seno de la Ultima Esperanza) in cui alla fine dell’’800 fu trovato un frammento di pelle mummificata attribuito al milodonte, un bradipo gigante vissuto nel Pleistocene (da SULLE TRACCE DEL MILODONTE – Editoriale di Marco Schintu)

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