«Non ho voglia di scrivere. Non ci resta che pregare», risposi a Filippo quando mi chiedeva un editoriale settimanale, e lui per tutta risposta mi nominò “Salmista di Aristan”. Ci stavo ripensando sullo sfondo dell’ultimo siparietto tra uomini credenti (tutti maschi) che si contendono l’autorità di parlare o come rappresentanti di un Dio che maledice castigando i malfattori con suoi ciechi terremoti che di case e chiese fanno rovine senza differenze, o come rappresentanti di un Figlio di Dio morto benedicendo e amando, lui terzo fra due malfattori con lui crocifissi, «uno a destra e l’altro a sinistra».
«Non ci resta che pregare», pensavo appunto di fronte a credenti che parlano come se facessero ogni mattina colazione in cielo… quando sento la notizia della morte di Leonard Cohen, uno che nelle sue canzoni si è sentito non certo rappresentante di Dio, ma semplicemente rappresentante di ogni uomo, e di tutto l’uomo, in tutte le sue passioni e contraddizioni.
E mi sono ricordato del suo canto, Hallelujah, in cui intreccia la sua e la storia di ogni uomo e donna con le storie bibliche di Davide, Sansone e Salomone, con le loro donne e il loro Dio, riconoscendo nel canto del salmista Davide, re peccatore e santo, il momento in cui ogni atto umano, buono o cattivo, di successo o di fallimento, diventa parola di senso e dice:
«C’è un lampo di luce in ogni parola,
non importa quale tu abbia sentito,
se il santo o il disperato Hallelujah».
E nella edizione originale terminava:
«Ed anche se è andato tutto storto,
starò di fronte al Signore della Canzone
con sulla mia bocca niente altro che Halleluja».
I’ll stand before the Lord of Song
With nothing on my tongue but Hallelujah.
Antonio Pinna
(salmista di Aristan)
Leonard Cohen "Hallelujah" from the "Songs from the Road" DVD. from Roll It! Take It! Media LLC on Vimeo.