Di Antonangelo Liori
Capitolo 17 – Io che sono Pinuccio Sciola e ho trovato la voce delle pietre
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“Di come sentivo l’armonia vibrare fra le pietre, scoprendo voci nelle vibrazioni perdute negli inganni di tempi perduti e mutevoli”
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Sono figlio di terra e di contadini e sin da bambino combattevo contro le pietre. Babbo mi diede una carriola per raccoglierle nei campi e sistemarle in grandi mucchi, in modo che il giogo di buoi faticasse meno per arare, dovendo i solchi trasformarsi in pane.
Ma tutti quei cumuli di enormi sassi cantavano e pensai che il vento che li attraversava non fosse il suono ma il vettore che quel suono conduceva in spazi eterni di bellezza.
Così, finito il lavoro, sistemavo quei frammenti di roccia in muri e simboli perché fra loro si parlassero.
Poi praticai piccoli fori, e graffiai le polveri, come fa l’antibiotico in gole sofferenti.
Gli altri bambini giocavano a luna monta.
E io cercavo il suono nelle pietre.
O il suono delle pietre.
O quell’aura sottile nella quale tutto si compie.
Le mie mani diventarono più pietre delle stesse pietre.
Sino a quando un uomo mi scoprì dicendo a mio padre che ero un artista.
Babbo non sapevo cosa artista fosse.
E neppure io.
Mi insegnarono a disegnare, a usare i colori a olio e le tempere, a distinguere tra Cellini e Michelangelo…
Ma io vedevo il suono nelle pietre
Andai a Roma e a Parigi, In America e in Bolivia, in Africa e in Cina.
Ma cercavo sempre il suono di quelle pietre che erano la struttura dell’Universo.
Qui a Tharros è il suono dei suoni.
Il vento fischia sui nuraghi per riportare la musica celeste che nasce dal cuore del tempo.
Strani esseri ctoni aleggiano sul mio corpo mortale.
Apro le braccia al tempo che non esiste: lo spazio si allarga in un fischio ipnotico e con le mie grandi mani accarezzo le pietre.
Che vibrano e parlano.
Sento il mondo che si scioglie sotto le mie mani.
Nell’ogiva dei nuraghi comprendo cosa accade: tutto nasce e muore qui, dove il mondo si spezza fra un primo e un dopo che tempo non ha.
Calcolo le differenze di suono.
Che sono 1.200 nella scala di Ellis, e non 7 come ci disse Guido d’Arezzo nel suo tetragramma.
Il suono è multiplo di se stesso, frazione che insegue se stessa come nel cerchio magico del calcolo infinitesimale.
Io, Pinuccio Sciola, agricoltore della scultura, trovo musica negli avanzi del mondo.
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 18 – Il suono delle onde nel 40° parallelo
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“Se io, Pinuccio Sciola, sento nel mio basalto il suono delle onde che naviga attraverso mondi immaginari sino ad arrivare al centro esatto della poesia”
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Rimetteremo tutto a posto, tutto a posto.
Quando la poesia avrà ripreso posto nel cuore degli uomini.
Nei nuraghi di basalto duro più del ferro.
Che qui nel Sinis protegge la terra dalla violenza del mare nelle colonne del Catalano.
E rompe ogni indugio nel quarantesimo parallelo, quella porzione del mondo dove vivono i santi.
Sono entrato a Villaurbana nelle rocce delle grotte sante di basalto, Is Aruttas Santas. Lì, dove si nasconde il segreto della testa dell’uomo, quell’orribile teschio a guardia della prigione delle ragazze madri, qui lasciate morire di inedia per la loro colpa.
Qui ho sentito i suoni della morte e del dolore.
Qui ho ragionato sul senso della vita.
Ho corso nel quarantesimo parallelo dal segreto della grotta dell’uomo sino alle colonne del Catalano.
Qui ho respirato l’aria della musica.
E qui ho scoperto il doppio di ogni cosa.
Che dietro ogni santo si nasconde un peccatore.
Che dietro ogni Dio si cela un pescatore di peccati.
Accarezzo le pietre.
Con lo scalpello incido sopra geometrie misteriose per gli uomini evoluti e semplici solo per me.
Il profeta indicherà la linea sottile fra bene e male.
Cerco la musica delle pietre, il suono dell’antico.
Non ho paura degli uomini né di Dio.
Temo solo di rompere le pietre invano.
Perché se rompi senza motivo la pietra interrompi il ritmo del mondo.
Le note non sono 7 ma infinite in ogni piccolo spazio.
Fra le sette tonalità Ellis individua una scala di 1.200 tonalità.
Io ne conosco di più in ogni polpastrello.
Il basalto fonde a 1.400 gradi: per ogni grado un suono.
Per ogni suono 1.200 toni.
Padre, mi fanno male i polpastrelli a forza di suonare.
Ognuno in questo mondo muore come vuole: io vivo dove la morte vuole, nel senso per la pietra.
Giungo le mani al cielo.
Sono qui.
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 19 – Io launedda che divento filo di Dio
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“Di come la musica trasforma la pietra in fili di pasta in un magico amalgama di arcane geometrie”.
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Tre canne, un suono fermo che chiamo su tumbu.
Le altre due girano, mancosedda e mancosa manna.
Tre varietà base:
punt’e organu
fiorassiu
mediana
Da questi tre tipi principali, attraverso opportuni accoppiamenti tra crobas e mancoseddas, si ottengono dieci sottotipi:
mediana a pipìa
mediana (o mediana sciuta)
fiuda
simponia
ispinellu a pipia
ispiellu
fiudedda (fiuda bagadia)
frassetu (o contrappuntu)
su para e sa mongia(*)
moriscu (**)
Io sono launedda, filo di Dio.
Tre canne, un suono fermo.
Tre varietà e dieci sottotipi.
Non sono in pentagramma, ma scala di Ellis.
La mia scala è basata su cinque giuste.
Tre le canne.
La mia frequenza è di 432 hz.
Il La a 432 Hz corrisponde al rapporto 27/16 nella scala pitagorica e deriva da un Do a 256 Hz.
Musica perfettaa
Musica di Verdi, di Bach, di Mozart,
Musica sublime, che, ricongiunge corpo e spirito.
Nel mio pantheon tutto si confonde e si complica.
Trasformava la mia essenza in orgasmo il suonatore itifallico.
E così la pasta del pellegrino è accordata in 256 fili e se la moltiplico per la sezione aurea ottengo 432 con un resto di 10. Variazioni di launeddas.
E questa pasta del pellegrino sono i fili di Dio, filindeu.
E se divido 432 per il p greco ottendo il metro nuragico.
Il mio cuore è chiuso nelle torri di basalto.
(*) Il frate e la suora
(**) Moresco
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 20 – Io che sono pecora, e capra, e mucca
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“Quando il suono delle launeddas si trasforma nel canto a tenore rubando la voce dagli animali”
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Ho un po’ di mal di schiena, mancosa manna, mancosedda e tumbu si trasformano in contra, mesu oghe e bassu.
Da launedda a cantu a tenore.
Stessa tonalità non modale.
Antico suono di pecora, capra e mucca.
Dicono gli esperti di musica che su bassu è la prima voce gutturale del gruppo, ottenuta mettendo vibrando insieme le corde vocali e le false corde vocali. Entrambe si fondono in un’ottava esatta sotto alla nota prodotta dalle corde vocali vere.
Sa contra è la seconda voce gutturale potente e metallica, e si congiunge a su bassu su un intervallo di quinta, formando l’accordo gutturale, che differenzia Su Tenore dalle altre forme di espressione polifonica. Anche Sa contra utilizza le false corde vocali, ma non le fa vibrare, bensì le avvicina l’un l’altra, conferendo alla voce armonici suoni.
Sa mesu boche è invece il fattore dolcificante nei confronti del suono duro e ruvido emesso dal duo bassu-contra; la melodia ha il compito di rendere viva la complessiva.
Quel suono complessivo sono io.
Pecora, e capra, e vacca.
E non sono classificabile con i racconti dei musicologi.
Sono solo un suono che viene dal profondo della terra.
Nei nuraghi diventa pietra.
Nelle pietre diventa armonia.
Nel suono della terra diventa vita.
Sono nato prima che l’uomo nascesse.
Morirò dopo che gli esseri umani si saranno estinti.
Sono la pecora, e la capra, e la vacca.
Sono il suono del big bang,



