LA FESTA DEL CINEMA DI ROMA SFIORA IL SUBLIME


Editoriale del 21 ottobre 2025

La regina Carlotta di Prussia, che fu studentessa di Leibniz, per avere sempre accanto il suo maestro fa commissionare alla madre un ritratto del celebre filosofo. Ma come può la pittura trasferire in immagine il pensiero, la personalità, l’essenza di qualcuno? Questo è il tema, squisitamente cinematografico, al centro di “Leibniz- cronaca di un dipinto perduto”. La Festa del Cinema di Roma si accende di cultura, intelligenza, genialità grazie a questo ultimo nobilissimo film di un maestro del cinema come Edgar Reitz, miglior regista vivente. Ultimo perché Reitz, come ha detto sul palco presentando il film lui stesso, a 93 anni e dopo aver girato questo po’ po’ di testamento che indaga alla radice la fenomenologia dell’arte visiva, avrebbe intenzione di andare finalmente in pensione. Memore del Jean Cocteau convinto che gli specchi dovrebbero riflettere un attimo prima di riflettere le immagini, Reitz rappresenta in un pittore banale e ottuso la serialità commerciale che aspira a una raffigurazione neutra di semplice somiglianza somatica (infatti l’inadeguato citrullo viene presto liquidato dall’indocile Leibniz). Per poi passare a una pittrice (probabile figlia illegittima del grande Vermeer) che instaura con il filosofo una schermaglia proficua alla ricerca del quid artistico. “Quello che non so, lo posso dipingere”, suona la frase chiave del film, che scandaglia attraverso dialoghi di sublime densità e di profonda complessità il rapporto tra arte e verità, tra la realtà e la fiction. Per insegnarci che la vera arte non è quella che riproduce il reale con i criteri della mimesi e della verosimiglianza, ma quella che ricrea il mondo. Quella che non si propone come intrattenimento, ma come scavo conoscitivo. Cinema da lustrarsi gli occhi e da leccarsi i baffi.

Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

“Memore del Jean Cocteau convinto che gli specchi dovrebbero riflettere un attimo prima di riflettere le immagini, Reitz rappresenta in un pittore banale e ottuso la serialità commerciale che aspira a una raffigurazione neutra di semplice somiglianza somatica” Da LA FESTA DEL CINEMA DI ROMA SFIORA IL SUBLIME – Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

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