LA VALLE DEI SORRISI


Editoriale del 23 settembre 2025

In un paesino di montagna, gli abitanti sono tutti tranquilli; a risolvere il problema di ogni loro sofferenza è un ragazzo di diciotto anni: basta abbracciarlo perché qualsiasi dolore passi. Naturalmente c’è qualcosa che non va, come indica l’atmosfera che avvolge i personaggi del paese, a metà tra horror, thriller e surreale. Siamo appena all’inizio del film “La valle dei sorrisi”, presentato fuori concorso a Venezia e ora uscito nelle sale: l’idea originalissima e il clima di tensione mantengono alta la curiosità dello spettatore per l’intera durata, né il finale deluderà. Il giovane regista Paolo Strippoli firma l’unico film italiano della mostra veneziana davvero riuscito, fresco e spiazzante, l’unico che vi consigliamo di andare a vedere. Lasciate perdere il plumbeo “Elisa”, nel quale si sbadiglia tanto per gli inconcludenti incontri tra un’inespressiva Barbara Ronchi, che ha ucciso la sorella, e un improbabile psicanalista, serviti da una sceneggiatura più ferma che lenta, senza capire dove si voglia andare a parare. Lasciate perdere “Duse”, dove Valeria Bruni Tedeschi fa Valeria Bruni Tedeschi spacciandola per Eleonora Duse, sembrando bravissima a tanti forse per la pessima prova degli altri attori, in una messinscena pretenziosa e un andamento funereo. Lasciate perdere “Dopo la caccia”, un’occasione persa da Luca Guadagnino, che trae da un soggetto interessante e al passo coi tempi (i dubbi, i drammi, le cautele e le viltà provocati da una denuncia per molestie) un film che gira a vuoto senza decollare mai, prolisso e verboso, animato solo dalla brava Julia Roberts. Date un’occhiata, se volete, a “Sotto le nuvole”, faticoso ma nobile documentario di Gianfranco Rosi, e a “Un film fatto per Bene”, che non è certo il miglior film del grande Franco Maresco (vedetevi “La mafia non è più quella di una volta”), ma la zampata del genio, almeno nella prima parte, si sente eccome (poi prevale troppa autoreferenzialità). L’unico, ripeto, che non dovete perdere è “La valle dei sorrisi”: a dispetto di tutti gli altri, che fanno cadere dall’alto la loro autorialità, fingendo di affrontare i massimi sistemi e affogando spesso nel velleitarismo noioso sotto vuoto spinto, il sorprendente film di Strippoli, oltre alla confezione coi fiocchi (scrittura, fotografia, montaggio e interpreti perfetti), è l’unico che, sotto l’apparenza di prodotto di genere, dice cose importanti, degne di Dreyer e Bergman. Che l’assenza di dolore disumanizza l’uomo, perché Dio è dolore e chi anestetizza i nostri tormenti non può essere un angelo.

Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

“In un paesino di montagna, gli abitanti sono tutti tranquilli; a risolvere il problema di ogni loro sofferenza è un ragazzo di diciotto anni: basta abbracciarlo perché qualsiasi dolore passi. Naturalmente c’è qualcosa che non va, come indica l’atmosfera che avvolge i personaggi del paese, a metà tra horror, thriller e surreale. Siamo appena all’inizio del film “La valle dei sorrisi” Da LA VALLE DEI SORRISI – Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

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