Il 20 novembre 1972 moriva improvvisamente, causa infarto, Ennio Flaiano. A distanza di 53 anni, Flaiano non solo non è stato dimenticato ma è addirittura più letto, citato e ammirato di quando era in vita. Eppure ha scritto un solo romanzo, neppure così popolare, e ha poi spalmato il suo talento tra articoli di giornale e sceneggiature per il cinema: né ai giornalisti né agli sceneggiatori l’Italia di solito riserva gloria postuma. Proprio l’accusa che all’epoca veniva rivolta a Flaiano, quella di essere un intellettuale da caffè, risulta il motivo della sua fortuna: mentre nessuno sembra più leggere narratori come Moravia, Cassola e Brancati, per non parlare di poeti come Cardarelli e Gatto, la bibliografia di Flaiano aumenta di mese in mese sugli scaffali delle librerie: si pubblicano inediti, si raccolgono le recensioni cinematografiche e le critiche letterarie, si rispolverano aforismi che sembrano scritti stamattina. Sarà la brevità fulminante dello stile, che sembra anticipare Twitter e TikTok, a risultare in perfetta sintonia coi nostri tempi veloci oppure sarà l’atteggiamento disincantato di un punto di vista poco ideologico e molto antropologico, condito di ironia ed esente dalla predica, a farci sentire contemporanei gli scritti di Flaiano. Dando l’impressione (forse perfino a se stesso) di aver dissipato il suo talento in mille rivoli, in realtà Flaiano lo ha lasciato in eredità a tutti noi, come un patrimonio ricchissimo che non abbiamo ancora finito di inventariare. Nonostante la sua vita non sia stata lunga e la sua attività copra meno di un trentennio, è impressionante quanto Flaiano abbia nutrito l’immaginario degli italiani in ogni campo della cultura e dello spettacolo: nel cinema si va dal miglior Totò ai capolavori di Fellini, da “Vacanze romane” ai film di Antonioni, Petri e Ferreri; in teatro dal Vittorio Gassman di “Un marziano a Roma” fino a Cochi e Renato; il giornalismo del mitico “Mondo” di Pannunzio e il Premio Strega vinto alla prima edizione con “Tempo di uccidere” segnano il vertice della sua scrittura; senza contare il contributo tutt’altro che trascurabile come autore radiofonico e televisivo. Flaiano è stato l’Alberto Sordi della parola: entrambi capaci di osservare con sensibilità, acutezza e gran senso dell’umorismo gli atteggiamenti, i tic, i vizi degli italiani, ne hanno sferzato a volte affettuosamente a volte spietatamente i difetti. Un intellettuale da caffè così provinciale da essere universale, dotato di antenne così sensibili da vedere in anticipo tanti problemi che il tempo ha provveduto a complicare.
Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)
“la bibliografia di Flaiano aumenta di mese in mese sugli scaffali delle librerie: si pubblicano inediti, si raccolgono le recensioni cinematografiche e le critiche letterarie, si rispolverano aforismi che sembrano scritti stamattina. Sarà la brevità fulminante dello stile, che sembra anticipare Twitter e TikTok, a risultare in perfetta sintonia coi nostri tempi veloci oppure sarà l’atteggiamento disincantato di un punto di vista poco ideologico e molto antropologico, condito di ironia ed esente dalla predica, a farci sentire contemporanei gli scritti di Flaiano.” Da NELL’ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE, FLAIANO È PIÙ VIVO CHE DA VIVO — Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)



