Venti anni fa, il 19 novembre, moriva lo psichiatra Harold F. Searles, e può darsi che non vi dica niente se non siete psichiatri o schizofrenici o borderline. Basta qui una sua frase: «Il paziente, può, alla fine, abbandonare la sua malattia solo se l’analista è arrivato a conoscere e amare, a un livello significativo, le gratificazioni di quella malattia, in modo che l’esperienza di perdita della malattia può diventare per entrambi una reciproca e condivisa esperienza di perdita».
Non so se ho capito bene. Ma cosa sarebbe se applicato alla vita cosiddetta normale, dove consideriamo un vanto dire pane al pane e vino al vino? Conoscere e amare il bene e il male mischiati nei “disastri” dell’altro, per soffrirne insieme la perdita e così insieme guarirne? State scherzando o vi piacciono le storie complicate al contrario? Più semplice continuare a vantarsi di dire pane al pane e vino al vino.
Proprio così: crediamo di essere diventati “razionali”, e soprattutto i credenti si sono convinti che il mondo vada avanti attraverso “definizioni”, specie se dogmatiche e pensate a senso unico. Ma proprio la salvezza di cui parlano è andata avanti attraverso una “storia” che ai razionalisti può sembrare tanto più complicata quanto più è semplice, perché tratta di uno che ha “attraversato una porta”, la nostra porta di umanità, condividendo tutto, feste e disastri, dice la dottrina, eccetto il peccato che a feste disastri toglie senso.
E anzi… «Io sono la porta», hai detto. Ma lo hai detto di fronte alla “porta delle pecore”, di quelle pecore che entravano nel tempio, “dead man walking”, a esservi uccise per Dio. Tu invece sognavi una porta da cui ripassare vivi: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo…». Dentro l’ovile: c’è sicurezza da ladri e lupi, ma non cibo. Il cibo? È fuori l’ovile, insieme a ladri e lupi in cerca di cibo anch’essi … Storia complicata, se il pastore è mercenario e non gli importa delle pecore…
Ma tu sei la porta: a unire spazi opposti, che solo uniti, passando e ripassando per quella porta che divide e unisce, portano a vita. E a te delle pecore importava, perciò hai aggiunto: «Io sono il pastore vero… e do la mia vita per le pecore». Così hai passato la stessa porta. Ma il tuo sogno era vero: e l’hai ripassata anche al contrario, da risorto.
Non tardare, o Signore:
come un mattino a Gerusalemme
con i tuoi compagni di giorni da sogno,
attraversa tu e apri le nostre porte
chiuse.
(cf Vangelo di Giovanni, cap. 10 e cap. 20)
Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)
«Io sono la porta», hai detto. Ma lo hai detto di fronte alla “porta delle pecore”, di quelle pecore che entravano nel tempio, “dead man walking”, a esservi uccise per Dio.” Da Salmo 527 UNA PORTA SANTA? SE LA SI PUÒ RIPASSARE AL CONTRARIO – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)



