Di Antonangelo Liori
Capitolo 21 – Io, Ramses II, che odio questi pirati
––––
Dove si racconta di come Ramnsess II acquisto il favore dei suoi carnefici pagandoli con oro e terre. Così i pirati shardana divennero la guardia scelta del Faraone,
––––
Scrivi scriba.
Incide su questa stele a Tanis.
Scrivi ciò che ti dico.
Ho visto la devastazione, e i saccheggi di questi infernali guerrieri
Scrivi.
“I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli.”
Io ci ho provato sì, ma è impossibile resistergli.
I loro elmi di bronzo luccicano sul mare lontano.
E quando vedono il sole rispecchiarsi sui loro scudi giganteschi il popolo fugge disperato perché nessuno rispettano e la morte è la loro unica e fedele compagna.
Hanno archi enormi dai quali scagliano dardi micidiali.
E spade nelle quali fondono arsenico.
Vengono da una città che si chiama Tharros, grande e potente, e hanno centinaia di castelli, e templi, e villaggi.
Le loro navi da guerra sono le più veloci del mondo e la loro ferocia è pari solo alla loro abilità e inferiore solo al loro coraggio.
Voglio discutere con loro.
E portarli dalla mia parte.
Devo fare in modo che loro siano la mia guardia personale.
E li riempirò d’oro, e di terre, e donerò alla loro gente città intere.
Ma non voglio più averli contro.
Perché sono come le volpi: uccidono ciò che non possono divorare.
I miei dignitari dicono che un Faraone non può temere gli stranieri.
Io dico che un buon Faraone deve fare in modo che il suo popolo non venga distrutto da simili guerrieri.
La storia la scrive chi vince.
E io voglio scrivere la storia, mio scriba.
Li piegherò pagandoli con fiumi d’oro ma dirò che li ho sconfitti col bronzo.
Scrivi bene questa frase, mio scriba:
“I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli”.
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 22 – Io, Ptah Em-Wia, che soffro la paura di Ransess per gli shardana
––––
Di come io, lo scriba reale, falsificando la realtà, ho trasformato un debole ma astuto faraone in un eroico ma onesto stratega
––––
Scrivo ciò che il Dio Ramsess II, che ha governato per 66 anni con l’incubo degli shardana di Tharros.
Li vide con i suoi occhi sterminare interi villaggi e depredarli, come io scrissi nel libro di Qadesh nel suo quinto anno di regno.
E mi fece incidere sulla stele di Tanis:
“I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli”
E quindi mandò il suo cognato e maestro Tia, già scriba reale prima di me, come ambasciatore da quei pirati.
Che erano feroci e spietati, ma colti e furbi, e conoscevano le complesse vie del mondo.
E diede loro montagne d’oro da riportare in patria ma, a quelli che lì restarono, concesse loro la terra di Zabulon, che ora si chiama Galilea.
E lì regnarono e vissero.
E uno dei loro figli, Hiram, ha costruito il tempio di Gerusalemme con la tecnica megalitica appresa a Tharros, la sua patria lontana.
Salomone di Gerusalemme domandò al re Hiram I di Tiro le sue maestranze e i suoi segreti per costruire un nuovo tempio; il Re Hiram risponde:
“Io ti sto inviando Huram-Abi, un uomo di grande abilità, discendente di parte materna dalla tribù di Dan e con padre nativo di Tiro. È molto capace nel lavorare con oro e argento, bronzo e ferro, pietra e legno e nell’utilizzo di lino fine tinto di porpora, blu e rosso cremisi. È un esperto in vari tipi di bassorilievo e incisione e può eseguire qualsiasi disegno gli sia proposto. Lavorerà con i tuoi mastri e con quelli di David tuo padre.”
La madre di Huram Abi era figlia del popolo di dan. Shar Dan”.
Gli shar dan, il popolo di dan, furono la sua guardia scelta per 61 anni.
La sua guardia privata.
E portò il bisso da Sulky, nella sua terra lontana, colorato con la porpora dello stagno di Tharros. E il bronzo fuso ad Abini. E i colori delle domus de jannas, le case delle porte: porpora, blu e cremisi. E incise il bronzo.
E i suoi fratelli portarono in Egitto il culto delle porte dei defunti, come io scrissi su ordine del re in quel libro che ancor oggi incanta i popoli: viaggio notturno del dio Sole sulla sua barca e della sua lotta con le forze del male rappresentate dal serpente Apopi che gli shardana del futuro continueranno a raffigurare nelle loro cassapanche, le piccole arche, e nei loro tappeti, e nei loro arazzi.
Il libro delle porte, che trasporta gli eroi da una dimensione all’altra.
Gli shardana, mai sconfitti, costruirono villaggi nuragici in Galilea, e torri merlate, e combatterono come leoni, sconfiggendo per conto del Faraone gli hittiti, costringendoli a firmare il trattato di pace di Qadesh, primo della storia.
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 23 – Io padre di Sisara che mi accordai col Faraone.
––––
Di come io, padre di Sisar, stipulai l’accordo con Ramsess II che mi diede in cambio navi cariche d’oro e la Galilea, regione nella quale noi shardana costruimmo splendidi villaggi nuragici.
––––
Sono il padre di Sisara, e combattei contro gli hittiti dopo aver fatto un accordo col faraone Ramsess II due anni prima della pace di Qadesh.
Il cambio del nostro appoggio ci diede la terra di Zebalon, la Galilea, e navi piene di tesori. Dopo la vittoriosa battaglia e il trattato di pace, io tornai a Tharros, mentre mia moglie restò nel villaggio nuragico da noi costruito, El Hawat , con uno dei nostri figli, Sisara, quell’indomito eroe che venne ucciso a tradimento nel sonno da Giaele, moglie di Eber.
Ramsess II era un debole.
E deboli i suoi dignitari.
E debole il suo popolo.
Noi arrivammo da Tharros con le nostre veloci navi per depredare quel popolo imbelle e arricchire la nostra terra.
Così è il mondo: chi teme giace sotto il piede di chi non ha paure.
E noi non avevamo nessuna paura.
Distruggemmo i villaggi della costa egizia, uno dopo l’altro.
E sterminammo i popoli non per malvagità: non siamo malvagi, ma per non lasciarci nemici dietro le spalle.
Chi viene sconfitto odierà per sempre i vincitori e cercherà di combatterli.
Ma noi avevamo una soluzione: passare tutti a fil di spada senza alcuna pietà.
Ramsess capì che eravamo invincibili.
Ramsess II era un debole, ma non era stupido.
E decise di fare un accordo con noi: ci avrebbe pagati in oro e terra se avessimo distrutto i suoi nemici.
Accettammo: era più facile distruggere eserciti che popoli.
E gli ittiti, vittoriosi con gli egiziani, nulla poterono fare contro di noi se non cedere firmando con l’Egitto un trattato di pace.
Scrisse nelle sue cronache Ramsess che dopo aver sconfitto noi sconfisse, grazie ai noi, gli ittiti.
Fu giusto: narrò il vero.
Gli uomini si possono sconfiggere con le spade oppure col denaro.
La seconda opzione andò meglio ad entrambi: noi vincemmo passando al suo servizio e lui vinse pagandoci il dazio.
Andava bene così.
Io presi tre dei miei figli e tornai a Tharros.
Le mie spoglie mortali riposano in un domus de jannas dove sono raffigurato sulla mia nave che sbarcò in. Egitto a Is Aruttas, accanto al mare che fu la mia vita.
Quando lasciai Sisara in Galilea ben sapevo che non sarebbe tornato.
Ma i suoi figli sono lì, e sanno che la loro casa è questa.
Perché noi siamo scopritori del mondo e ovunque andiamo.
Ma il nostro cuore e le nostre radici sono qui.
A Tharros.
Siamo gli eroi shardana.
I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli”
THARROS LA NASCITA DELL’OCCIDENTE
Di Antonangelo Liori
Capitolo 24 – Io Hiram, che costruii il tempio di Gerusalemme
––––
Io, Hiram , padre di ogni mistero, figlio del popolo shardana e discendente di Sisar, ho costruito assieme al tempio di Gerusalemme il mito dei fenici, un popolo shardana chiamato phoenikes dai greci, cioè commercianti di porpora. Quella porpora che solo a Tharros si produceva per colorare il bisso tessuto a Sulky.
––––
Sono Hiram,
Figlio degli shardana.
E su incarico di re Salomone costruii, co i miei architetti e le mie maestranze, il tempio di Salomone.
I miei antenati ottennero questa terra dal faraone Ramsess II in cambio dell’aiuto che gli diedero per uscire vittorioso da tutte le guerre da lui combattute in 66 anni di regno.
Noi shardana combattevamo per suo conto.
E lui ne menava vanto, scrivendo ovunque le nostre gesta, che divennero sue per la storia.
Re Salomone non ci invitò a combattere ma a costruire.
Perché c’è un tempo per ogni cosa: per combattere e per costruire.
Portammo la porpora da Tharros, il bisso da Sulky, il bronzo da Abini.
Ci chiamarono fenici, a noi shardana di ritorno, ma eravamo sempre e solo shardana: tutto è scritto, ma solo pochi sanno leggere.
Fenici infatti significa porpora.
Mercanzia per la quale noi shardana eravamo famosi in tutto il mondo: infatti producevamo questo straordinario colore proprio a Tharros, dalla lavorazione delle muricidi, delle quali il territorio degli shardana era pieno mentre non esisteva in nessuna parte del mondo allora conosciuto, non in Egitto e non in Galilea né in Israele, né nell’egeo e non nella penisola degli italici.
Noi con la porpora e con le spade diventammo ricchi.
Vendevamo bisso e porpora ai re e regalavamo morte ai popoli.
Per la porpora gli achei ci chiamarono fenici, porpora che loro chiamano punikè.
Noi siamo il popolo di dan.
Ggli sher dan.
I nostri confini andavanoi dalla terra di Sherdan al fiume Giordano.
Fummo i primi a risalire il Danubio e arrivammo sino Danimarka, la terra di dan.
I fenici non sono mai esistiti.
Solo gli sher dan esistettero.+
Ed erano fenici gli sher dan che ebbero dal Faraone come compenso la terra che sta sotto il Giordano e che un tempo appartenne a Zabalon.
Mio figlio è sepolto lì, ucciso a tradimento dalla moglie di un amico nella sua tenda.
Gli ebrei spacciarono questa viltà per coraggio.
Anche se avevamo costruito per loro il tempio di Gerusalemme.
Anche se avevamo difeso i loro confini.
Sono il padre di Sisar, che tornai vittorioso dall’Egitto.
E ho una sola parola.
E non tradisco gli amici.
E non li uccido nella mia tenda.
A is arutas riposa il mio corpo.
Ma il mio spirito non muore,



