SCARPE DI DISTRUZIONE DI MASSA


Editoriale del 4 agosto 2014

Questo è giornalismo, perbacco, la lotta al potere, qualunque forma abbia, e la preparazione del gesto rivoluzionario, pacifico o meno: Muntadhar al-Zaidi ha silurato Bush con i suoi mocassini di cronista (gravissimo insulto nel mondo arabo) durante la conferenza di addio a Baghdad nel 2008. Ha accompagnato il capolavoro balistico, ahimè schivato dal vaccaro-petroliere texano, con le parole: “Questo è il bacio di addio, cane!” e “Questo è per le vedove, gli orfani e tutti quelli che hai ucciso in Iraq!”. Ciò deve farci riflettere innanzi tutto sulla semantica dei fatti e la necessità di profondità storica. Gli stati Uniti hanno appoggiato Saddam Hussein nella guerra all’Iran di Khomeini (1980-1988)con miliardi di dollari di prestiti e forniture militari. Fra queste i gas utilizzati da Raìs contro iraniani e curdi. Sì. Nel 1991, tuttavia, papà Bush ha deciso di intervenire contro Saddam per liberare il Kuwait, piccolo ma gonfio di petrolio. Invitò gli sciiti, da sempre oppressi nella dittatura del baffone prima socialista e poi, per opportunità, sunnita, a ribellarsi. Gli diedero retta e si sollevarono. Ma papà Bush cambiò opinione, abbandonandoli alla repressione governativa. Furono massacrati. Per anni l’Iraq ha dovuto soggiacere agli embarghi imposti dagli americani all’ONU. Centinaia di migliaia di vecchi, donne e bambini sono morti per assenza di medicinali, acqua, cibo, elettricità. Nel 2003 poi, motivando l’operazione con un report assolutamente fasullo sul possesso esiziale di armi di distruzione di massa, Bush figlio, neo-crociato dopo l’11 settembre, ha deciso di invadere ancora l’Iraq, che nulla aveva a che fare con al-Qaeda e Bin Laden. Altre migliaia di morti e madornali errori politici che oggi hanno consegnato metà del paese agli oscurantisi dello Stato Islamico. Certo, studio, pazienza ed equilibrio sono necessari. Ma se qualcuno vi pianta una pedata nel bassoventre voi la confondete con un piedino sotto il tavolo a lume di candela? Sì, in molte occasioni. La libertà comincia con la parola e termina nel gesto. Dopo un po’ di tempo, naturalmente. Almeno nove mesi, gli stessi trascorsi da al-Zaidi fra sorci e torture in un’amena galera irachena.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

COGLI L’ATTIMO

 

Scarpe tirate addosso a Bush

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