Nel 1945, una delle scoperte più significative al mondo, quella delle cefalosporine, fu pubblicata su una delle riviste più oscure: “Lavori dell’Istituto di Igiene di Cagliari”. L’autore, Giuseppe Brotzu, raccontava il razionale della sua ricerca, i risultati ottenuti e le difficoltà che lo portarono ad affidare la scoperta al premio Nobel Howard Florey, il ricercatore che insieme a Ernst Boris Chain aveva prodotto la penicillina scoperta da Alexander Fleming.
Nel 1944 la penicillina era talmente rara che, al primo paziente trattato, venne somministrata due volte: la seconda dose fu recuperata dalle sue stesse urine, dove l’antibiotico era stato eliminato. Il contrabbando della penicillina è il tema centrale del capolavoro di Carol Reed, “Il terzo uomo”, con Orson Welles nei panni del criminale che vendeva penicillina “tagliata” agli ospedali di Vienna.
Diversamente dalla scoperta fortuita di Fleming, quella di Brotzu nacque da un lucido ragionamento. Egli aveva osservato che, nonostante a Cagliari fosse endemico il tifo, nelle acque dello scarico fognario di Su Siccu non si trovava la salmonella del tifo. Che cosa la faceva sparire? Forse la presenza di una sostanza antibiotica capace di depurare la flora microbica nell’acqua marina vicino allo sbocco della fognatura?
L’ultimo paragrafo della storica pubblicazione ci fa comprendere quanto fosse arduo fare ricerca in Sardegna:
“Si è voluto riferire quanto sopra nella speranza che alcuni istituti meglio dotati di mezzi possano giungere ad un progresso maggiore nella selezione del micete, preparazione colturale dell’antibiotico ed estrazione di esso”.
Brotzu si ricordò di un amico, un ufficiale inglese delle truppe alleate in Sardegna, il dottor Blait Brouk, al quale consegnò il lavoro. Quest’ultimo lo tradusse in inglese e lo sottopose all’attenzione del formidabile trio di Oxford – Florey, Chain e Abraham – già premi Nobel per la penicillina. Questi capirono subito che il pacchetto di informazioni fornito da Brotzu era ben più strutturato di quello ricevuto da Fleming.
Il “Cephalosporium acremonium” isolato da Brotzu produceva tre distinti antibiotici: cefalosporina P, N e C. Tuttavia, per arrivare alla produzione industriale delle cefalosporine, i ricercatori della Glaxo, la più grande multinazionale farmaceutica, impiegarono 20 anni.
Nel 1972 ormai la ricerca di nuovi antibiotici era affidata a interi eserciti di tecnici giapponesi dotati di strumenti automatizzati, intenti a esaminare qualunque cosa – dalla terra agli escrementi, ai vermi – senza alcun razionale.
Non era più il tempo delle aquile come Fleming e Brotzu. Troppo tardi per considerare Giuseppe Brotzu tra i benefattori dell’umanità e proporlo per il Premio Nobel.
Gianluigi Gessa (Neuroscienziato di Aristan)
“Nel 1944 la penicillina era talmente rara che, al primo paziente trattato, venne somministrata due volte: la seconda dose fu recuperata dalle sue stesse urine, dove l’antibiotico era stato eliminato. Il contrabbando della penicillina è il tema centrale del capolavoro di Carol Reed, “Il terzo uomo”, con Orson Welles nei panni del criminale che vendeva penicillina “tagliata” agli ospedali di Vienna.” Da PERCHÉ GIUSEPPE BROTZU NON HA RICEVUTO IL PREMIO NOBEL? – Editoriale di Gianluigi Gessa (Neuroscienziato di Aristan)



