IL SUONO DELLE PAROLACCE


Editoriale del 6 agosto 2025

È vero, chi mastica l’inglese o il francese può girare il mondo e cavarsela egregiamente; chiedere informazioni, prenotare alberghi e ristoranti, ordinare al bar, fare acquisti e persino scambiare due chiacchere con altri turisti o con qualche indigeno. Ma se ci troviamo in un paese di cui non conosciamo la lingua non potremo mai sapere se le frasi che commessi, camerieri, segretari di ricevimento si scambiano sorridendo tra loro, contengano pesanti insulti alla nostra intelligenza e integrità morale. Ebbene la novità è che le parolacce hanno alcune caratteristiche comuni in tutte le lingue e possono quindi essere “riconosciute”; lo afferma uno studio pubblicato nel dicembre del 2022 sulla rivista scientifica “Psychonomic Bulletin & Review”. Tanto per incominciare non presentano quasi mai i suoni consonantici “gentili” L, R, W, o Y (si parla di suoni, non di lettere). E poi, a differenza delle parole non scurrili, le parolacce suggeriscono non tanto il significato quanto l’intenzione di chi parla (simbolismo fonetico). Ho subito verificato i due insulti scurrili più usati in Italia, una locuzione e una parola che non riporto perché, per quanto appassionata di linguistica, sono pur sempre una persona educata. Allora, niente l, r, w, y né nella locuzione né nella parola singola; c’è abbondanza di t (due nella locuzione, una nella parola) e di z (anche qui due e una); oltre a due s, una r e una d. La teoria sembrerebbe confermata. Ho cercato su Google le traduzioni dei due insulti nelle lingue dei paesi che mi piacerebbe visitare a breve. Insulton. 1: dikkueddo (giapponese), çük kafa (turco), ras zeb (arabo), upoka tio (maori). Insulto n. 2: gesuyaro (giapponese), pislik (turco), al’ahmaq (arabo), pouaru (maori). Dopo aver letto l’articolo sullo studio statunitense mi aspettavo delle assonanze più nette, delle affinità più marcate, insomma una possibilità concreta di sventare gli attentati verbali alla mia persona durante i soggiorni all’estero. Dunque se qualcuno parla una lingua che non conosco meglio evitare sorrisi compiacenti soprattutto in presenza di troppe z e k.

Marianna Vitale (Spigolatrice di Aristan)

https://www.youtube.com/watch?v=8x3VHz3AOxA&t=2s

“E poi, a differenza delle parole non scurrili, le parolacce suggeriscono non tanto il significato quanto l’intenzione di chi parla (simbolismo fonetico).”

Da IL SUONO DELLE PAROLACCE – Editoriale di Marianna Vitale (Spigolatrice di Aristan)

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