Le persone tristi non sono quelle che fanno più tristezza. E’ un peccato, perché loro ce la mettono tutta per essere tristi e comunicare al prossimo il languore voluttuoso della mestizia. Eppure possono aspirare al massimo ad arrivare solo al terzo posto dell’hit parade dei poveracci. Le precedono al secondo le persone noiose, capaci di illanguidire i conversatori più baldanzosi. Ma il primato dell’angoscia lo conquistano senza rivali le persone finto-allegre. Ognuno di noi ne conosce almeno un paio: spesso non sono sceme (e già questo è un valore aggiunto al potenziale di tristezza percepita), anzi sono per lo più persone intelligenti e razionali, competenti nonché dotate di un certo esprit de geometrie. Le frega il corto circuito esiziale tra la totale assenza di umorismo e la voglia irrefrenabile di inanellare battute su battute (in genere, giochi di parole assai forzati), tra l’assoluta mancanza di allegria e il desiderio di apparire brillanti. Si riconoscono subito per lo spread incolmabile che separa la bocca che emette lambiccate spiritosaggini dallo sguardo che tradisce panico e disperazione. Se si mostrassero per come sono dentro, potrebbero risultare simpatici almeno quanto i tristi, se non di più: ma la forbice tra l’interiorità seriosa e l’esteriorità artificialmente burlona semina intorno a loro gelo e disagio. Chi poi ha nell’anima uno zoccolo duro di buonumore tale che si divertirebbe anche al proprio funerale li individua a fiuto. E soffre molto per loro, al punto che gli verrebbe voglia di urlare, come il re di un vecchio film di Woody Allen: “Voglio un buffone buffo!”.
Fabio Canessa
COGLI L’ATTIMO
Sono un simpatico (1965) cantata da Adriano Celentano