Inizia sottilmente con un brivido dietro la schiena, un sorriso spezzato o una lacrima misteriosa. È l’altra faccia dell’amore, quella che compare quando l’altro non c’è e il respiro ci manca. Basta poco, tipo uscire la mattina e tornare la sera, per aprire una voragine nel cuore. Siamo progettati per attaccarci gli uni agli altri, come genitori, figli e amanti, in modo spasmodico, doloroso a volte, incomprensibile quasi sempre. Senza dipendenza non ci sarebbe amore e senza amore non ci sarebbe il senso di coppia, la famiglia, il gruppo. Non dobbiamo sottovalutare il dolore e la sofferenza per il distacco, reale o anche solo immaginato perché rappresentano, tanto quanto l’attaccamento, le basi della nostra struttura sociale. Nell’attesa del ritorno si vive di ricordi, di frammenti, persino di odori mentre si aspetta e si spera di essere corrisposti a distanza. Il tempo intanto passa e la dipendenza si diluisce, la separazione può diventare lutto, talvolta patologico. La costruzione e la rottura dei legami affettivi sono come un’impronta digitale, una caratteristica unica che condiziona tutta la nostra vita affettiva. Gengis Khan e Ulisse lasciarono le loro spose per decenni e si racconta che il loro reciproco amore divenne molto più forte degli anni che passavano. A volte invece basta la distanza del cuore e il legame se è fragile, liquido, si spezza, per comporsi di nuovo quando ci si rincontra, solo se di amore vero si trattava.
Luca Pani
(Psiconauta ad Aristan)
(@luca__pani)
COGLI L’ATTIMO
da Mongol (2007) diretto da Sergej Vladimirovič Bodrov, ispirato alla vita di Gengis Khan